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Redazione TirrenoNews

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Si scioglie come una bolla di sapone al sole l’ultimo troncone della inchiesta Why not.

La famosa inchiesta per far luce sugli appalti pubblici truccati e sui politici che ‘regalavano’ posti di lavoro.

Il PM aveva richiesta l’ assoluzione per l’ex vice presidente della Regione Calabria, Nicola Adamo, e per i due ex assessori, Ennio Morrone e Dionisio Gallo, mentre aveva chiest condanna a due anni per gli altri due imputati, Franco Morelli e Giancarlo Franzè.

Alla fine una sola condanna ; quella a carico di Giancarlo Franze’, coordinatore del consorzio Brutium, l’impero economico riconducibile ad Antonio Saladino, il principale indagato dell’inchiesta.

Una pena di due anni e sei mesi.

 

Parliamo di un società che sarebbe stata utilizzata per assumere personale ‘fidato’ e fare incetta di fondi pubblici e comunitari con il beneplacito dei politici più in vista della Regione Calabria.

Una ipotesi in Calabria molto attendibile ma difficilmente dimostrabile

Ed infatti sono stati assolti per non aver commesso il fatto i politici calabresi Nicola Adamo (ex vicepresidente Regione Calabria), Franco Morelli (ex consigliere regionale), Dionisio Gallo ed Ennio Morrone (ex assessori regionali).

 

L’accusa contestava che politici e dirigenti avrebbero commesso una serie di reati contro la pubblica amministrazione per aggiudicarsi appalti dalla Regione promettendo posti di lavoro in cambio di cospicui pacchetti di voti.

L’ inchiesta prese le mosse nel 2006 e venne promossa dal pm Luigi De Magistris.

Il gup Abigail Mellace scagiono’ completamente 17 persone , mentre 27 imputati furono rinviati a giudizio.

Poi l’impugnazione della Procura generale con un ricorso alla Cassazione

Oggi, invece, la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Catanzaro.

Ora non resta che aspettare eventuali altri gradi di giudizio.

Potevamo salvare l’ufficio del Giudice di Pace di Amantea

Mercoledì, 13 Gennaio 2016 18:29 Pubblicato in Cronaca

Leggiamo che una dipendente del comune di Belmonte Calabro, la dottoressa Bruno Ida, con delibera di giunta n 90 del 28 dicembre 2015, è stata confermata in comando presso l’ufficio del giudice di pace di Paola.

 

Nella delibera si legge che il presidente del tribunale di Paola con nota n 1849 del 27.11.2015 ha chiesto di prorogare l’impiego della nominata presso l’ufficio del giudice di Paola.

E così la giunta di Belmonte Calabro ha prorogato il comando della sunnominata.

Si legge, poi, nella delibera che l’onere per la utilizzazione del personale in comando grava per intero sull’amministrazione utilizzatrice e nella fattispecie il ministero di giustizia

 

Non solo ma la delibera dispone che l’amministrazione di destinazione dovrà assumere formale atto di assunzione degli oneri economici dandone formale comunicazione al comune di Belmonte Calabro.

In sostanza l’immobile era di proprietà dello stato e quindi non costava nulla ai comuni

Il personale era in parte dipendente del ministero di Giustizia e quindi non costava nulla ai comuni Il personale a comando come la dottoressa Bruno grava sul ministero di Giustizia

 

Ma allora ai comuni (a tutti i comuni) sarebbe gravato solo l’onere della pulizia e di un po’ di energia elettrica?

E per questi oneri Amantea ha perso l’ultimo ufficio pubblico? Ci sembra inverosimile, per non dire di più!

La seconda sezione del TAR di Catanzaro definitivamente pronunciandosi sulla vicenda della stabilizzazione di vigili con sentenza n 57/2016 ha dichiarato cessata la materia del contendere ed ha condannato il comune di Amantea al pagamento delle spese legali.

 

A pronunciarsi il collegio composto da Salvatore Schillaci, Presidente, Nicola Durante, Consigliere e Francesco Tallaro, Referendario, Estensore

Il TAR pronunciandosi “sul ricorso numero di registro generale 901 del 2015, proposto da:
Ornella Africano, Teresa Bossio, Antonella Guido Rizzo, Marilena Valeriano, Francesco Vilardo, rappresentati e difesi dall'avv. Crescenzio Santuori, elettivamente domiciliati presso lo Studio di costui, in Catanzaro, alla via Santa Maria di Mezzogiorno, n. 17, contro il Comune di Amantea, in persona del suo Sindaco in carica. per l'accertamento della illegittimità del silenzio serbato sulle istanze di conclusione del concorso indetto ed avviato con deliberazione di Giunta comunale del 7 marzo 2014, n. 37, mediante adozione di un provvedimento espresso; con declaratoria di illegittimità dell’inerzia sin qui maturata.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati , le memorie difensive, la dichiarazione resa in udienza dal procuratore di parte ricorrente, dalla quale risulta l'intervenuta cessazione della materia del contendere, sentito il relatore nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2016 il dott. Francesco Tallaro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale, il TAR atteso che nelle more del giudizio, l’amministrazione comunale ha portato a termine la procedura, ha dichiarata cessata la materia del contendere.

Le spese di lite debbono essere regolate secondo il principio di soccombenza virtuale e debbono essere accollate al Comune di Amantea, la cui inerzia è venuta meno solo a seguito della proposizione dell’odierno ricorso.

Per quanto nel merito il Tribunale Amministrativo Regionale ha condannato il Comune di Amantea, nella persona del suo Sindaco in carica, alla rifusione, in favore dei ricorrenti, delle spese e competenze di lite, che liquida nella misura complessiva di € 2.000,00, oltre al rimborso del contributo unificato e delle spese generali, nonché oltre ad IVA e CPA come per legge.

 

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