Parliamo del migrante che da più di 30 anni è in Italia e che, senza famiglia e senza- come si dice da noi- ne “arte e ne parte”, gira l’ Italia chiedendo l’elemosina davanti alle chiese, dorme dove capita, chiede aiuto alle parrocchie, trova conforto nell’alcool fino ad ubriacarsi “come una capra” e poi si stende sui binari di una stazione gridando “Allah” e “Voglio morire” ed impegna fino a 10 uomini dello Stato, tra carabinieri, Polizia Municipale, medici ed infermieri del 118 .
A nulla è valso l’attento intervento e delle forze dell’ordine e degli uomini della sanità.
E così si è reso necessario il ricovero in ospedale
Stante il rifiuto del marocchino del ricovero volontario in ospedale il dr Papasergio del 118 , proprio per la tutela della salute dell’ “aspirante suicida” ha infatti proposto il Trattamento sanitario obbligatorio validato dal dottor Pompea.
E così il sindaco Mario Pizzino ha emesso la ordinanza n 22 per il trattamento sanitario obbligatorio inviata, comunque, al giudice tutelare del tribunale di Paola per la necessaria convalida.
Il ricovero è stato effettato presso l’ospedale di Cetraro
L’ordinanza è stata pubblicata in modo parziale e non reca nemmeno la disposizione relativa alla esecuzione della medesima
Dobbiamo comunque smentire quanto affermato circa la mancata attenzione umana ricevuta da padre Rocco che, al contrario, ha offerto al marocchino alimenti con i quali sfamarsi e che lui ha dichiarato di avere buttato nell’immondizia!
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Cronaca
Diciotto migranti di varie nazionalità si sono incatenati stamani davanti al centro Sprar di Isca Superiore dove risiedono.
Il motivo della protesta è legato ad un trattamento sanitario obbligatorio effettuato nei confronti di un loro amico.
Secondo i migranti, il giovane, affetto da problemi psichici, non avrebbe bisogno di cure mediche.
“Non è vero che sta male – hanno detto nel corso della protesta – sono gli operatori dello Sprar che non capiscono”.
Per sedare la protesta, che non ha creato problemi di ordine pubblico, sono intervenuti i carabinieri che sono riusciti a far rientrare nel centro i migranti, i quali hanno chiesto un incontro con le autorità e la prefettura di Catanzaro.
TSO è l’abbreviazione di Trattamento Sanitario Obbligatorio. È un ricovero forzato, coatto, contro la libertà individuale della persona.
Si tratta di coazione cosiddetta benigna: se una persona con disturbi psichici non intende sottoporsi al trattamento terapeutico e le sue condizioni fanno supporre che non sia consapevole del suo stato di salute, qualcun altro può prendersi cura di lei anche imponendosi e predisponendone il ricovero presso i reparti di psichiatria degli ospedali pubblici (SPDC – Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura). Di fatto il TSO viene messo in atto quando la persona appare pericolosa per sé o per gli altri, in soggetti che manifestano minaccia di suicidio, minaccia o compimento di lesione a cose e persone, rifiuto di comunicare con conseguente isolamento, rifiuto di terapia, rifiuto di acqua e cibo.
Il TSO può essere applicato anche a persone tossicodipendenti o alcool dipendenti in crisi di astinenza qualora assumano dei comportamenti imprevedibili o violenti. In queste situazioni spesso i familiari conviventi o i vicini di casa, qualora la persona sia in terapia presso uno psichiatra, chiedono aiuto allo psichiatra del servizio, oppure nel caso la persona non lo fosse, chiamano direttamente l’ambulanza (118) e/o i vigili o i carabinieri. La legge stabilisce anche un’esatta procedura che deve essere seguita al fine di mettere in atto il TSO.
Il Trattamento Sanitario Obbligatorio è disposto con provvedimento del Sindaco, nella sua qualità di autorità sanitaria, del Comune di residenza o del Comune dove la persona si trova momentaneamente. Egli emana l’ordinanza di TSO solo in presenza di due certificazioni mediche che attestino che:
1. la persona si trova in una situazione di alterazione tale da necessitare urgenti interventi terapeutici;
2. gli interventi proposti vengono rifiutati;
3. non è possibile adottare tempestive misure extraospedaliere.
Tutte e tre le condizioni devono essere presenti contemporaneamente e devono essere certificate da un primo medico e convalidate da un secondo appartenente alla struttura pubblica (generalmente uno psichiatra della ASL).
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