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Lo afferma il consigliere regionale Carlo Guccione

“E’ quello che è accaduto agli ex Lsu-Lpu che, per la manifestazione del 28 luglio 2015, oggi si sono visti recapitare una ordinanza di ingiunzione di pagamento di 2584 euro per ogni lavoratore sanzionato.”

“Bloccarono lo svincolo Cosenza Nord dell’autostrada Salerno-Reggio per difendere il proprio posto di lavoro.

 

 

Si mobilitarono contro le decisioni del Governo per il mancato inserimento dell’emendamento a favore dei precari calabresi.

Sicuramente avrebbero preferito non penalizzare gli automobilisti e non creare disagi a nessuno ma, quando per troppo tempo gli appelli rimangono inascoltati e dopo quasi 20 anni di lavoro si ritrovano senza certezze e garanzie sul loro futuro, arriva il momento di alzare la voce.

Era necessario rivendicare i propri diritti e difendere il posto di lavoro.

E lo hanno fatto con dignità anche se sono stati costretti a forme estreme di protesta.

Quanto accaduto oggi è davvero paradossale.

Un lavoratore precario dopo ben quattro anni dalla protesta si trova pure a pagare una salata sanzione per aver legittimamente manifestato per un sacrosanto diritto: il diritto al lavoro, così come sancito dall’articolo 4 della Costituzione.

Mi unisco all’appello dei segretari generali di Cgil, Cisl e Uil chiedendo che venga cancellata questa assurda ordinanza-ingiunzione di pagamento nei confronti di questi lavoratori.”

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Ecco cosa dice Guccione:

“Callipo candidato presidente è la soluzione vincente per la prossima tornata elettorale regionale.

Chi pensava che la partita fosse già chiusa adesso dovrà ricredersi grazie all’encomiabile lavoro del Partito Democratico e del suo segretario Zingaretti che insieme a Nicola Oddati e Stefano Graziano sono stati decisivi per la scelta della candidatura di Pippo Callipo.

In Calabria si può vincere.

 

 

Alcune dichiarazioni, anche nel campo del centrodestra, dimostrano nervosismo per tale scelta.

Ci auguriamo che, insieme a noi, possa svilupparsi un confronto con le altre forze che governano il Paese.

Un confronto che ci permetta di combattere insieme questa battaglia in Calabria puntando su Callipo, un candidato di alto profilo.

Carlo Guccione Consigliere regionale”

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Reggio Calabria - Le ragioni del perché la Giunta ieri ha approvato il disegno di legge relativo all’esercizio provvisorio del Bilancio regionale per l’anno finanziario 2020 sono tante ed evidentemente abbiamo fatto poco per evitare di impedire che la Corte dei conti arrivasse a questo giudizio.

Già nel corso di un’audizione in Commissione il dirigente generale del Bilancio, De Cello, aveva preannunciato un bilancio restrittivo.

 

La legislatura era iniziata con l'annuncio di una rivoluzione, quella di fare i bilanci in tempo, oggi quell'annuncio si scontra con la dura realtà.

Chiudere la legislatura con questa richiesta di esercizio provvisorio è un altro segnale di fallimento.

Dobbiamo dircelo francamente, ed è evidente che si è agito in modo tale da chiudere questa legislatura senza l’approvazione del Bilancio.

Mi sarei aspettato una riunione di maggioranza, invece su una scelta così grave e importante si è deciso di andare in Consiglio a cose già fatte senza alcun confronto.

Mi sembra una grave mancanza di rispetto e si persevera con la logica dell'uomo solo al comando.

Ritengo sia stato un errore non provare ad approvare il Bilancio e politicamente ciò suona come una ritirata dalle responsabilità.

Non sono abituato a sparare sulla Croce Rossa.

So solo che l’attuale governatore dell'Emilia Romagna  ha deciso di votare il 26 gennaio permettendo così di approvare il Bilancio ed evitare l’esercizio provvisorio; in Calabria, invece, dopo cinque anni si rinvia l’approvazione del Bilancio alla prossima legislatura con tutte le conseguenze economiche che comporta questa decisione.

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Inoltriamo la relazione del consigliere regionale Carlo Guccione sulla vicenda CORAP.

Della questione se ne discuterà domani, prima del Consiglio regionale, nel corso della II Commissione - Bilancio, programmazione economica e attività produttive, affari dell'Unione Europea e relazioni con l'estero convocata alle ore 13.00, in seduta congiunta con la I Commissione - Affari istituzionali, affari generali e normativa elettorale.

 

Ordine del giorno:

1) Audizioni su: Proposta di Legge n.460/10^ di iniziativa dei Consiglieri M. MIRABELLO, O. GRECO, G. GIUDICEANDREA recante: " Modifiche alla legge regionale 16 maggio 2013, n. 24 " Relatore: F. SERGIO

Sono invitati:

- i consiglieri proponenti O.Greco e G. Giudiceandrea;

- il VicePresidente della Giunta regionale Prof. Francesco Russo;

- l'Assessore al Bilancio e alle Politiche del personale dott.ssa Mariateresa Fragomeni;

- l'Assessore al Lavoro e welfare dott.ssa Savina Angela Antonietta Robbe;

- il Dirigente Generale del Dipartimento Sviluppo Economico, Attività Produttive;

- il Commissario del CORAP Dott. Ferdinando Caldiero;

- il Revisore dei conti del CORAP Dott. Sergio Tempo;

- le Organizzazioni Sindacali CISL, CGIL UIL e UGL.

Buon lavoro

RELAZIONE CONSIGLIERE CARLO GUCCIONE

Quella del CORAP si presenta come una vicenda dai contorni poco chiari, per certi versi torbidi, sulla quale è urgente fare chiarezza. È certo, in tutti i modi, che l’esito di tale vicenda non può essere deciso né frettolosamente né sulla base di poche e sommarie informazioni perché si tratta di determinarsi sul destino di oltre cento famiglie e sulla politica industriale della nostra regione. Questo non può lasciarci indifferenti.

Ciò che ci compete è fare una operazione verità, perché è solo da questa che può scaturire una decisione ben ponderata, giusta, libera dai legittimi sospetti che hanno attraversato l’aula del Consiglio regionale. Sospetti che vertevano tutti in una medesima direzione: ovvero, che la norma presentata in aula, fuori sacco, altro non celasse che la volontà e l’interesse di mettere una pietra sopra alle malefatte della gestione targata Oliverio. Commissari che sono riusciti nel difficile intento di fare peggio di quanto non avesse già saputo fare quello nominato da Scopelliti nel lontano agosto del 2013.

Diciamo innanzitutto che noi siamo chiamati ad occuparci di fatti politici e non intendiamo addentrarci in discussioni di chiaro stampo giuridico. Ovvero, se i Consorzi Industriali possano o non possano essere assoggettati a procedure concorsuali è un fatto che ci interessa marginalmente, essendo noi chiamati a svolgere ben altro compito.

Infatti, non siamo contrari per principio all’approvazione della norma proposta dall’attuale commissario -il dottor Caldiero- circa la procedura coattiva (LCA) verso cui avviare il CORAP. Non siamo contrari a condizione che si parta, come ho detto, da un’operazione verità, che si salvaguardino i livelli occupazionali attuali, che si immagini un futuro operoso per il CORAP, evitando di accrescere il castello di menzogne costruito per nascondere favoritismi, clientele e, diciamolo con chiarezza, strane ed oscure commistioni. Percorrendo questa strada, non siamo convinti che si pervenga alla stessa determinazione cui sembrano essere pervenuti il dottor Caldiero e la Giunta; anche per le responsabilità che ricadrebbero sul Consiglio regionale al quale per anni è stata impedita qualsiasi discussione sull’argomento, nonostante le interrogazioni e gli ordini del giorno presentati. Tant’è che abbiamo predisposto un nostro provvedimento legislativo a salvaguardia delle funzioni e della missione del Corap e di tutti i dipendenti.

Basterebbe prendere in mano il DPGR n.115 del 2016 a firma Oliverio. A quel decreto di nomina del terzo commissario del CORAP e di definitiva costituzione dell’Ente sono allegati i dati contabili delle cinque ex ASI. Dati contabili, dunque, che non potevano essere ignorati dal firmatario di quello stesso Decreto e dai quali è facile evincere che le “malfamate ASI”, in epoca antecedente all’accorpamento, pur tra mille difficoltà molte delle quali, come abbiamo appena accennato, create proprio dalla Regione, producevano servizi e, conseguentemente, ricavi; addirittura chiudendo gli esercizi contabili in utile.

In parole povere, l’attuale Governatore -prima- firma il decreto di definitiva costituzione del CORAP ove sono riportate le situazioni contabili delle cinque Asi calabresi alla data del 31/12/2015 che illustrano, come detto, risultati di bilancio positivi e -subito dopo- dimenticando ciò che egli stesso aveva appena sottoscritto, comincia il suo battage pubblicitario sull’azione sanificante portata avanti dall’ente regionale.

Sui motivi che hanno indotto il Governatore a maturare convincimenti in aperto contrasto con gli atti che egli stesso ha assunto, sarà la storia a spiegarcelo: certo è che anche quella del CORAP è una vicenda desolata, paradossale, fatta di piccoli e grandi intrighi, di sotterfugi, di furbizie e, come ho detto, di intrecci poco chiari.  

La Regione Calabria è Ente vigilante del Corap ai sensi della L.r. 24/2013, a valle dell’accorpamento, non ha provveduto per inerzia e inadempienza:

  1. A limitare l’azione dei “commissari nominati” che, per legge, avrebbero dovuto permanere al governo dell’Ente per soli nove mesi con il compito di adempiere a pochi e definiti compiti. Ed, invece, i “commissari di fiducia” del Governatore sono stati lasciati al governo del CORAP per anni ed anni, senza che questi avessero specifiche competenze e facendo in modo che accentrassero nelle loro mani sia i poteri di indirizzo che quelli di gestione: caso più unico che raro nell’intero panorama nazionale per il cui ordinamento quegli stessi poteri vanno tenuti separati.
  2. Alla nomina degli organi del CORAP previsti dalla legge (Direttore generale e Comitato di Programmazione) così da lasciare che i commissari disponessero indisturbati dei beni e delle risorse finanziarie del CORAP come fossero i propri. L’unico organo che la Regione ha nominato, costretta da una norma nazionale assai stringente, è stato il Revisore Unico dei Conti che, come ripeteremo più avanti, non ha avuto vita facile come accade di sovente e tutti coloro che non si piegano ai “desiderata” dei potenti di turno.
  3. A sollecitare i “commissari nominati” affinché venissero predisposti gli atti fondamentali dell’Ente quali lo Statuto ed un Piano Industriale all’altezza delle risorse umane e finanziarie del CORAP, nonostante sull’Ente siano state fatte ricadere le spese relative al mantenimento di numerosi consulenti che, lungi dall’adempiere ai compiti affidati, si sono limitati a fare da “corte ossequiosa” del commissario di turno.
  4. A vigilare sui numerosi atti transattivi sottoscritti dai commissari circa somme vantate da terzi e lasciando che il prevedibile mancato rispetto di quegli stessi atti configurasse come crediti certi ed esigibili notevoli quantità di denaro, senza la verifica della loro effettiva certezza. Quanto queste partite pésino oggi sul CORAP, ce lo illustra proprio la norma che si vorrebbe che il Consiglio regionale approvasse. Si tratta, ovvero, di milioni di euro.
  5. Ad arrestare l’emorragia di terreni di proprietà del CORAP ceduti a condizioni vantaggiose per pochi e scelti acquirenti. Sul punto basterebbe riesumare i tanti articoli apparsi sulla stampa riportanti numeri e date degli atti, luoghi e cifre.
  6. A riportare nelle disponibilità del CORAP numerose infrastrutture di proprietà dell’Ente. Ci si riferisce, ad esempio, al depuratore di Gioia Tauro che -da solo- avrebbe fruttato risorse bastevoli al mantenimento di tutte e cinque le ex ASI. Circa il depuratore di Gioia Tauro rientra nel nostro dovere segnalare la sottoscrizione da parte di uno dei “commissari nominati” di un “concordato in continuità” a favore di una società privata; cosicché, ad oggi, quell’atto ha prodotto un aumento del “fondo rischi” del Bilancio CORAP pari a ben 12 milioni di euro.
  7. A risolvere il vistoso conflitto d’interesse instaurato con la nomina di commissari scelti fra i dirigenti regionali. Di conseguenza, questi ultimi, dirigenti contemporaneamente sia della Regione che del CORAP, hanno sottoscritto atti tutti a favore del loro datore di lavoro. Si pensi, ad esempio, all’aumento del “fondo di progettazione” per ben 9 milioni di euro, tagliato su misura a tutela della Regione e che, di conseguenza, pesa per una cifra corrispondente sul Bilancio del CORAP.
  8. A verificare lo stato effettivo dei crediti vantati dal CORAP nei confronti di terzi, lasciando che, in assenza di atti interruttivi, una gran massa di essi (regolarmente e precisamente censiti in precedenza dalle ASI) cadesse in prescrizione.
  9. A controllare e autorizzare -così come avrebbe voluto il c. 3 dell’articolo 15 della L.r. 24/2013- la congruità delle spese effettuate dai “commissari nominati”. Abbiamo, quindi, dovuto assistere all’effettuazione di spese incoerenti, svincolate da qualsivoglia controllo e/o atto di programmazione. Fra tutte, si richiamano gli investimenti fatti dal CORAP in Marocco dove, a tutt’oggi, l’ente è obbligato al pagamento di canoni di locazione per una sede situata a Marrakech, arredata di tutto punto a spese del CORAP, e la cui utilità rimane un mistero per tutti, compresi i dipendenti delle ex ASI.

Da ultimo, non possiamo fare a meno di evidenziare che il Governatore non ha ritenuto di dare risposta sia alle numerose interrogazioni fatte dai consiglieri regionali, io stesso ne ho presentate ben due, la prima risale al 2017; né a dare riscontro alle numerose relazioni predisposte dal Revisore Unico dei Conti nei confronti del quale l’unica azione registrata è stato il tentativo di defenestrarlo; né accennare ad una minima reazione quando la stampa non ha mancato di pubblicare articoli ben documentati e, pertanto, assai preoccupanti. C’è da precisare che il tentativo di defenestrare il Revisore Unico dei Conti è fallito solo per intervento della Magistratura.

Veniamo, dunque, all’oggi.

Non è chiaro chi -eventualmente- debba decidere circa una eventuale Liquidazione Coatta Amministrativa (LCA) del CORAP per più ordini di motivi:

  1. Il permanere della confusione creata, non si sa bene se intenzionalmente oppure no, fra le norme previgenti e quelle di più recente approvazione.
  2. Ad oggi non esiste lo Statuto del CORAP e il vigente risulta essere quello depositato presso la Camera di Commercio di Catanzaro dal terzultimo commissario. Inoltre, dalla visura camerale, risultano soci del CORAP l’insieme degli enti soci delle ex ASI. Ne deriva che il futuro del CORAP è affidato al chiarimento di tale inammissibile confusione per il cui superamento è urgente attivare le procedure previste dalla legge nonché l’approvazione dello Statuto del CORAP secondo criteri e modalità sganciate dalle volontà regionali, in ossequio al principio di indipendenza ed autonomia degli enti.
  3. Nella confusione che ha regnata sovrana, i soci delle ex ASI sono stati estromessi dal CORAP e privati anche del patrimonio consortile che detenevano per quota.
  4. Per quanto sopra, per la Regione, di fatto socio unico del CORAP, consegue l’obbligo al ripiano delle perdite (sicuramente di quelle prodotte dalla gestione commissariale che sono la gran parte). Non basta che il commissario Caldiero abbia scritto alla Regione chiedendo il detto ripiano come se fosse una mera “eventualità”; rientra nei suoi doveri, infatti, procedere come per legge, azionando tutte le iniziative previste dalle norme di riferimento, anche di tipo giudiziale. Ma ciò, com’è facile immaginare, evidenzierebbe un ulteriore conflitto d’interessi venutosi a creare: può un professionista nominato su base fiduciaria dal Governatore, quest’ultimo rappresentante legale dell’ente regionale, assumere atti che vadano contro quello stesso ente?

Ed inoltre:

  1. Poiché ad oggi finalmente è chiaro che - sin dal varo della L.r. 24/2013 e, a maggior ragione, dalla pubblicazione del decreto di accorpamento a firma Oliverio (il n. 115/2016, già citato) - il disegno è sempre stato e continua ad essere quello della chiusura definitiva delle ASI, ci si deve domandare se l’ingente debito cui si denuncia l’esistenza derivi da dati veritieri.
  2. Svela ancora le reali intenzioni del governo regionale il fatto che la norma predisposta dall’attuale commissario preveda che il commissario liquidatore sia il commissario stesso. Possibilità, questa, espressamente vietata dalla legge: gli amministratori (ed il dottor Caldiero tale è, basti leggere il decreto di nomina) non possono assumere le funzioni ed i compiti dei commissari liquidatori.

Ecco la proposta:

Alla luce dei fatti sinteticamente esposti, si deve ritenere che la Liquidazione Coatta Amministrativa proposta dal commissario Caldiero si configuri precisamente per quello che avevamo immaginato: <<un colpo di spugna sulla gestione delle ex ASI portata avanti negli ultimi sei anni ed, in specie, negli ultimi cinque, sotto la gestione Oliverio>>.

Crediamo che vada assunta una norma per la predisposizione e adozione di un Piano di risanamento e riequilibrio e di un Piano industriale per il Corap.

La Regione Calabria ha il dovere di ripianare il debito prodotto nel corso della gestione commissariale mediante il già previsto e autorizzato stanziamento di tre milioni di euro annui per le annualità 2019-2020-2021, aumentandolo attraverso una apposita norma finanziaria inserita nel prossimo Bilancio di 10 milioni annui per le annualità 2020-2021-2022-2023 teso a ripianare i debiti del Corap.

Pubblicato in Calabria

Al presidente del consiglio regionale della Calabria Nicola Irto

Oggetto: Interrogazione a risposta scritta al presidente della Giunta regionale della Calabria, Gerardo Mario Oliverio

Premesso che:

  • da quando si è insediato, il presidente Oliverio ha continuato a emanare ordinanze contingibili e urgenti in deroga alle norme vigenti per evitare l’insorgere di emergenze ambientali.
  • Siamo alla quattordicesima ordinanza contingibile e urgenza ed emergono ancora oggi tutte le criticità che si registrano nel settore rifiuti.  Il governatore è da oltre 4 anni che continua a emanare ordinanze a dimostrazione che, nonostante il commissariamento per i rifiuti sia formalmente cessato, l’emergenza in realtà non si è mai arrestata. Il commissariamento, con questo stratagemma, è come se fosse ancora in atto;
  • nell’ultima ordinanza contingibile e urgente per assicurare la corretta gestione dei rifiuti urbani sulla discarica di Castrovillari a pagina 5 viene specificato che: “La volumetria autorizzata di circa 20.000 mc non è mai entrata in esercizio a seguito di alcuni esposti giudiziari che denunciavano il supposto mancato rispetto, in fase realizzativa, della documentazione progettuale sottoposta a VIA ed AIA. La verifica del pieno rispetto tra quanto realizzato e le previsioni progettuali approvate in AIA, potrebbe consentire di procedere con la celere individuazione del gestore e quindi con l’utilizzo dei volumi autorizzati. Nonostante la Regione abbia richiesto da tempo la trasmissione della documentazione progettuale di raffronto tra eseguito ed autorizzato, il comune non ha ancora adempiuto. Nasce pertanto l’urgenza di ottenere tali elaborati grafici, al fine di assumere le determinazioni conseguenti”;
  • sempre nell’ultima ordinanza, a pagina 13, “ordina che il Comune di Castrovillari, ai fini dell’utilizzo della discarica in località Campolescia, autorizzata all’esercizio con AIA vigente rilasciata con DDG n. 11591 dell’8-8-2013, presenti all’autorità competente, in via d’urgenza e comunque entro venti giorni dalla notificazione della presente ordinanza, la documentazione tecnica riportante lo stato attuale della discarica con il raffronto rispetto alla progettazione approvata con il predetto Decreto n. 11591 e, in particolare: 1)Relazione tecnico-illustrativa; 2)Planimetrie; 3)Sezioni; 4)Particolari;
  • da una consulenza tecnica, chiesta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Castrovillari, relativa alla regolarità dell’esecuzione dei lavori nel rispetto del progetto esecutivo e delle prescrizioni progettuali per l’appalto di opere riguardanti la “messa a norma, adeguamento ed aumento della capacità di abbanco della discarica comunale nel comune di Castrovillari”, emergono una serie di anomalie ed è attualmente in corso un procedimento penale riguardante tale sito di discarica;
  • nella consulenza tecnica viene specificato che dalla documentazione fotografica allegata (stato dei luoghi antecedente all’inizio dei lavori) appare più che evidente che l’area contenuta all’interno del perimetro della discarica abbia una quota molto prossima al terreno circostante e che quindi la capacità di abbanco residua si possa considerare pari a zero in virtù del raccordo geomorfologico delle linee naturali dei terreni circostanti compreso il terreno di copertura giornaliero pari a 2,5 ml. Un ulteriore abbanco, perciò, determinerebbe un innalzamento assai cospicuo, rispetto al piano campagna, dell’area circoscritta dal perimetro della discarica, provocando, tra l’altro, il mutamento delle condizioni di erosione superficiale il cui studio non è stato condotto.

Non vi sono volumi residuali per l’abbanco di ulteriori rifiuti. Gli interventi da realizzarsi devono essere limitati alla sola messa a norma ed adeguamento della discarica, vale a dire regimazione delle acque piovane, impermeabilizzazione della superficie circoscritta dal perimetro della discarica, adeguamento dei camini, messa a norma del sistema di raccolta del percolato residuo, ecc.;

  • lo svolgimento della relazione tecnica è stato finalizzato a dare risposta ai quesiti posti dal pubblico ministero. Al quesito del pm che chiede se “la realizzazione degli argini a un livello superiore rispetto all’attuale piano di campagna sia compatibile con quanto previsto sia nel progetto definitivo sia nei pareri del nucleo VIA-VAS-IPPC relativamente all’allineamento tra lo stato superficiale a chiusura finale della discarica e le aree circostanti”, nella consulenza tecnica viene specificato: “gli argini (già realizzati secondo le previsioni del medesimo progetto esecutivo) non consentiranno il raccordo del profilo della discarica (comprendente lo spessore dovuto al pacchetto di chiusura) con il piano di campagna per come prescritto al punto 1 dell’allegato l al DDG 11591 (condizioni generali e specifiche per l’esercizio dell’impianto) né tantomeno la realizzazione della profilatura finale per come previsto alla tavola 13B in accordo con quanto già messo a verbale da parte dell’Arpacal a seguito di sopralluogo effettuato in data 2/12/2015;
  • nella relazione tecnica viene posto un altro quesito: “Se per l’approvvigionamento di terreno vegetale necessario per le lavorazioni siano state adottate le idonee cautele, concordando le modalità operative con la Sovraintendenza ai Beni archeologici, atte a scongiurare sia il pericolo di erosione superficiale del versante, sia il rischio archeologico per la zona limitrofa alla discarica in oggetto, interessate da una fitta dispersione di materiali antichi e caratterizzate da ampio e importante insediamento abitativo rustico di età ellenistica e romana”. A questa domanda si afferma con certezza e cognizione di causa che “non sono state adottate le idonee cautele, atte a scongiurare sia il pericolo di erosione superficiale del versante (mancanza di studio specifico a seguito del mutamento della morfologia del territorio per effetto dell’alterazione dello stato dei luoghi), sia il rischio archeologico per la zona limitrofa alla discarica in oggetto per l’approvvigionamento di terreno vegetale necessario per le lavorazioni”. Inoltre sono state disattese le “prescrizioni del nucleo VIA-VAS-IPPC e nello specifico il punto 34 che recita testualmente: “Qualora siano previsti scavi all’esterno del perimetro della discarica si dovranno concordare le modalità con la Soprintendenza ai beni archeologici”;
  • nella relazione tecnica viene inoltre specificato che “non risultano ad oggi agli atti le verifiche di stabilità eseguite in tutte le fasi ante e post opera a partire dalla realizzazione dell’adeguamento e fino alla chiusura della discarica”. Poi, “non risultano ad oggi agli atti: i calcoli di capacità portante, i cedimenti e le verifiche di stabilità dei pendii in condizione dinamiche; la tenuta e la stabilità della barriera di confinamento sul fondo e sui fianchi della discarica; la resistenza allo schiacciamento del sistema di raccolta e di drenaggio del percolato a fondo vasca; la resistenza allo schiacciamento del sistema di captazione del biogas – tenendo conto del peso esercitato dai nuovi volumi previsti in abbanco e alla luce del D.M. Infrastrutture e trasporti 14/01/08 e C.M. n. 619/09 del C.S. LLPP”;
  • gli enti preposti al rilascio delle competenti autorizzazioni si sono espressi in maniera favorevole, ma con prescrizioni, all’esecuzione delle opere, sulla base del Progetto Definitivo portato all’attenzione della Conferenza dei servizi. Il Progetto Esecutivo è variato rispetto al Definitivo e non è stato mai sottoposto all’attenzione dei rispettivi Enti;
  • Non risultano ad oggi agli atti le verifiche di stabilità eseguite in tutte le fasi ante e post opera a partire dalla realizzazione dell’adeguamento e fino a chiusura della discarica.

Si interroga la S.V. per sapere:

  • come mai all’interno dell’ultima ordinanza contingibile e urgente per assicurare la corretta gestione dei rifiuti urbani, laddove si fa riferimento alla discarica di Castrovillari, non si faccia cenno al procedimento penale in corso che grava su tale discarica, atteso che gli Uffici regionali ne sono stati debitamente e tempestivamente informati. Com’è possibile, a tal proposito, che nel sistema di smaltimento dei RSU degli ATO venga inserita una discarica, per altro già colma, che si vorrebbe addirittura utilizzare nel breve termine, sottoposta ad un procedimento penale in corso, l’oggetto del quale concerne proprio le possibilità di ulteriore abbanco, la cui volumetria viene esplicitamente definita PARI A ZERO dal Consulente Tecnico d’Ufficio della Procura (con conseguente procedimento penale a carico del Direttore dei Lavori). Come è possibile anche solo ipotizzare un intervento che, con ogni evidenza, da un lato andrebbe ad alterare il corso della giustizia, attraverso l’inevitabile modifica dello stato dei luoghi, e dall’altro a ledere potenzialmente i diritti e gli interessi delle Parti Lese identificate dalla Magistratura inquirente, con conseguenti profili anche di possibile danno erariale. Come è possibile, inoltre, poter pensare che vincoli e prescrizioni imposti dagli Uffici regionali (Nucleo VIA-VAS-IPPC), pietra angolare del provvedimento di autorizzazione ai lavori cui la discarica è stata sottoposta, possano essere disattesi, oltre che dal Direttore dei Lavori (per come si legge nella Perizia del CTU della Procura), proprio dalla stessa Regione Calabria che li ha emanati e che di tali vincoli e prescrizioni dovrebbe essere custode e garante. Quali siano le iniziative, invece, che la Regione Calabria intende adottare per ripristinare il principio di legalità, sanando le tante storture tecniche denunciate alla Magistratura da Associazioni e Comitati nazionali e locali -che in tale vicenda si sono lodevolmente impegnati e che hanno trovato puntuale riscontro nella citata perizia del CTU della Magistratura-, e rivalendosi, anche economicamente, su chi tali storture ha realizzato, agendo in assoluta difformità dal Progetto Definitivo approvato dagli Uffici Regionali (per come pure si legge nella perizia del CTU) e realizzando un’opera dalle caratteristiche tecniche per molti versi assolutamente inaffidabili, atteso che, come riportato dal CTU, “Non risultano ad oggi agli atti le verifiche di stabilità eseguite in tutte le fasi ante e post opera a partire dalla realizzazione dell’adeguamento e fino a chiusura della discarica”. Tra l’altro parliamo di una discarica già colma, ristrutturata con un finanziamento regionale di ben un milione di euro, il cui adeguamento era finalizzato alla sua definitiva tombatura, che sorge in un contesto territoriale di elevato pregio archeologico (pur esso assai malamente gestito, come riportato nella già citata perizia del CTU) e di alta importanza economica per la presenza di importanti coltivazioni esitanti dal Distretto Agro-alimentare di Qualità (DAQ) di Sibari.

Cosenza, 19 settembre 2019

Carlo Guccione

Pubblicato in Calabria

Cosenza, 12 settembre 2019 - Il presidente della Giunta regionale ieri con un colpo di spugna ha tentato, con una proposta di legge “fuori sacco”, non iscritta all’ordine del giorno del Consiglio, di evitare una discussione sul fallimento del Corap, Ente che gestisce gli ex consorzi industriali della Calabria.

 

 

 

 

 

Una proposta di legge con il chiaro intento di cercare di nascondere le responsabilità del governatore sugli sprechi, le clientele che hanno caratterizzato la gestione del Corap da parte di chi è stato chiamato a dirigerlo in questi sei anni con nomina del presidente della Giunta regionale.

Una proposta che non si preoccupava neanche di salvaguardare i livelli occupazionali di oltre cento dipendenti, ma autorizzava il commissario del Corap a poter utilizzare la liquidazione coatta amministrativa dello stesso Ente non prevista nell’attuale normativa regionale.

La vera malagestione di questo nuovo Ente, che viene costituito formalmente dall’attuale Giunta regionale, è emersa in questi anni con la mancanza di un vero e proprio Piano che affrontasse la riduzione del debito attraverso un rilancio della politica industriale abbattendo i costi superflui.

È successo invece che ad oggi non risultano approvati i bilanci del Corap degli anni 2016, 2017, 2018, né gli atti fondamentali previsti dall’articolo 15 della legge regionale 24/2013 quali lo Statuto, il regolamento di organizzazione e funzionamento, il programma annuale delle attività.

In questi anni sono stati accumulati ulteriori debiti che hanno portato a un assoluto stato di insolvenza che ha assunto carattere strutturale e definitivo sullo stato di crisi irreversibile.

Avevamo chiesto più volte in Consiglio regionale e al presidente Oliverio di fare chiarezza sul Corap.

A marzo 2019 ho presentato un’interrogazione per conoscere quali iniziative urgenti volesse assumere per evitare che il Corap potesse precipitare in una crisi irreversibile.

Solo attraverso una reale programmazione a medio termine, attraverso l’adozione di un piano industriale si potrebbe rilanciare il Consorzio e dare la possibilità all’Ente di uscire da questa situazione che rischia di portare a una irreversibile insolvenza economico-finanziaria.

Interrogazione alla quale non è mai giunta risposta.

Sono trascorsi mesi, ma registriamo solo inerzie e incompetenze che hanno prodotto come risultato un punto di non ritorno.

Carlo Guccione Consigliere regionale

Ndr: Oliverio lascia libera la Calabria!

Pubblicato in Calabria

La situazione dell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza si è aggravata ancora di più e oggi siamo alla paralisi più totale con una vacatio nella direzione generale e senza alcuna rappresentanza legale.

Mancano farmaci, in particolare quelli oncologici, gli stipendi dei medici di famiglia sono bloccati, chiudono alcune sale operatorie degli ospedali Spoke.

Così come vengono chiusi i punti nascita all’indomani di eventi tragici, per poi scoprire che in quel punto nascita dovevano essere sospese le attività per mancanza dei requisiti minimi e carenze strutturali, come hanno verificato le ispezioni dell’Asp di Cosenza e del Ministero.

 

 

Dopo le dimissioni del reggente Sergio Diego, che ha rassegnato l'incarico, lasciando senza alcun governo la più grande Asp della Calabria, già da mesi senza una guida e con un manager che garantiva a malapena l'ordinaria amministrazione, le cose non sono cambiate.

Anzi. Uno scambio di comunicazioni ufficiali tra il commissario ad acta per il Piano di rientro Saverio Cotticelli, il dirigente generale del Dipartimento Tutela della Salute della Regione Antonio Belcastro, il dirigente reggente dimissionario dell’Asp Sergio Diego e il referente sanitario Guglielmo Cordasco fa capire con chiarezza che la situazione è più che peggiorata.

Il 9 agosto il commissario Cotticelli comunica che le dimissioni del direttore generale f.f. dell’Asp di Cosenza “avranno decorrenza da giorno 27 agosto.

Si prende altresì atto che con nota prot. n. 58906 del 09-05-2019 la S.V. ha individuato quale referente sanitario il dott. Guglielmo Cordasco, che la sostituirà a tutti gli effetti fino al 27-08-2019”.

Il 26 agosto, sempre il commissario Cotticelli, comunica a Sergio Diego, Guglielmo Cordasco e Antonio Belcastro, la “proroga dell’incarico del dott. Guglielmo Cordasco, quale referente sanitario, che sostituirà la S.V. dal 27-08-2019 fino a data da destinarsi”.

Ed ecco che arriva immediata, il giorno dopo, la risposta di Cordasco indirizzata al commissario ad acta, al dirigente Sergio Diego e al dirigente generale del Dipartimento Salute Antonio Belcastro. Cordasco scrive: “In una Asp le cui criticità sono ormai quotidiane e richiedono decisioni autorevoli per non incorrere in comportamenti omissivi e che possono mettere a rischio la salute della popolazione assistita, non può essere vanificato da aspetti normativamente dubbi e che pertanto potrebbero inficiare qualsiasi atto adottato a decorrere da giorno 28 agosto p.v.

Una risposta a quanto da me richiesto riveste carattere di urgenza anche per evitare, tra l’altro, il blocco di qualsiasi pagamento con aggravio di spese per interessi maturati”.

Siamo alla tragicomica se non fosse che ci troviamo di fronte all’Azienda sanitaria provinciale tra le più grandi d’Italia che gestisce tre ospedali Spoke e una popolazione di 750mila abitanti.

Oggi questa situazione rischia di mettere in serio pericolo la salute dei cittadini e si configura un’interruzione di pubblico servizio visto che in questo momento non c’è nessuno a capo di questa importante Asp.

Le cose non possono essere lasciate così neanche per un minuto in più…

Cosenza, 30 agosto 2019 Carlo Guccione Consigliere regionale

Pubblicato in Cosenza

Sulla vicenda del’ospedale di Cetraro, dove nelle scorse settimane una donna è morta dopo il parto e dove è stata sospesa l’attività del punto nascita, “emergono evidenti omissioni e carenze strutturali”

COSENZA – Lo scrive il consigliere regionale Carlo Guccione in una lettera aperta al Commissario ad acta Saverio Cotticelli, al presidente della Giunta regionale Mario Oliverio ed al dirigente generale del dipartimento Tutela della Salute e Politiche Sanitarie Antonio Belcastro.

“Da una lettura della relazione tecnica in merito al Punto nascita del Presidio ospedaliero di Cetraro, del responsabile dell’Unità operativa ingegneria clinica dell’Asp di Cosenza, allegata alla delibera numero 683 del 5 agosto 2019 avente come oggetto: ‘Punto nascita P.O. Cetraro. Sospensione attività’ – scrive Guccione – emergono evidenti omissioni e carenze strutturali.

Al Punto 1 della relazione che va a integrare quella sullo stesso Punto nascita del 30-07-2019 con nota protocollo 95318 (Dir.Gen.), si legge che ‘Le relazioni della Commissione per l’Accreditamento dell’Unità Operativa del Punto nascita del P.O. di Cetraro hanno più volte evidenziato l’insussistenza dei requisiti minimi per procedere al rilascio della richiesta autorizzazione, per carenze inerenti vari profili’.

Poi al secondo punto specifica che ‘dai sopralluoghi effettuati sono emerse, inoltre, problematiche relative anche all’attuale blocco operatorio (…) ad aspetti impiantistici ed edilizi connessi alla tipologia e alle modalità di installazione di materiali ed alle finiture, nonché alle dotazioni tecnologiche e agli schemi operativi che appaiono per molti aspetti insufficienti o inadeguati’. Emergono quindi mancati interventi dopo le ripetute segnalazioni fatte (da come si evince dalla sopracitata relazione) da parte degli organi competenti per assicurare i requisiti minimi strutturali, tecnologici e organizzativi per le attività ospedaliere (legge regionale 24/2008 e Dca 81/2016).

C’è da supporre dunque che le attività che si sono svolte presso l’Unità Operativa del Punto nascita del P.O. di Cetraro fino all’attuale sospensione siano avvenute senza il rispetto delle adeguate normative tese ad assicurare la salute, la sicurezza dei cittadini e la corretta erogazione delle prestazioni sanitarie.

È da segnalare inoltre che l’ospedale Spoke Paola-Cetraro ha una evidente carenza di posti letto per acuti rispetto a quelli previsti dal Dca sulla riorganizzazione ospedaliera 64/2016: almeno 52 posti letto risultano non attivati.

Invece, negli ospedali Hub e Spoke della provincia di Cosenza mancano in totale oltre 350 posti letto rispetto a quelli previsti dal Decreto commissariale. Ed è anche per questa carenza di posti letto che la Provincia di Cosenza registra il più alto tasso di emigrazione sanitaria verso le altre regioni d’Italia”.

“Mi auguro – conclude Guccione – che l’ufficio del commissario e il Dipartimento Salute della Regione Calabria abbiano attivato le procedure per verificare come sia stato possibile che un Punto nascita di un Presidio Ospedaliero abbia potuto erogare prestazioni sanitarie senza avere i requisiti minimi necessari.

Ritengo, inoltre, che sia necessario avviare un controllo su tutte le strutture ospedaliere e della sanità territoriale per verificare se ci sono le condizioni previste dalla legge regionale 24/2008 e dal Dca 81/2016 per prevenire ed evitare che vengano erogati al pubblico servizi sanitari e prestazioni senza alcun rispetto delle norme”.

Pubblicato in Paola

Riceviamo e pubblichiamo:

Cosenza, 2 agosto 2019 - Anch’io stamattina ho partecipato davanti alla Prefettura di Cosenza al presidio dei sindacati Cgil, Cisl e Uil sull’emergenza sanitaria calabrese.

Un sit-in di protesta organizzato davanti alle Prefetture della Calabria per chiedere “un confronto risolutivo dei problemi del Servizio sanitario regionale con il governo”.

Una manifestazione che assume un significato maggiore il giorno dopo la bocciatura al tavolo interministeriale Adduce che si è tenuto a Roma.

I tecnici dei ministeri dell’Economia e della Salute hanno sottolineato l’ennesimo esito negativo di questi incontri a dimostrazione della grave inefficienza in cui è costretta ad operare il Dipartimento Salute della Regione che ad oggi non è in grado di fornire tutti gli elementi utili e gli atti necessari per valutare lo stato reale della situazione sanitaria calabrese ai due Ministeri.

Nulla di fatto, dunque, sullo sblocco del turn over, sulla garanzia dei Livelli essenziali di assistenza.

Anzi si è registrato un peggioramento della situazione finanziaria, con conti sempre più in rosso.

Ma la cosa più grave è che ancora non sono stati nominati i direttori generali di importanti aziende sanitarie e ospedaliere, tra cui quelli dell’Asp di Cosenza.

Quest’ultima è tra le più grandi d’Italia per estensione territoriale e complessità orografica con oltre 750mila abitanti e un bilancio di oltre un miliardo che serve a gestire la sanità territoriale, tre ospedali Spoke con quasi seimila dipendenti con un’età media di circa 55 anni.

È da mesi che l’Asp di Cosenza è senza una guida e con un reggente che garantisce a malapena l’ordinaria amministrazione.

È ora di voltare pagina per evitare che la situazione si aggravi ancora di più producendo danni devastanti per tutti i cittadini con il rischio di veder messa a repentaglio la propria salute.

Carlo Guccione Consigliere regionale.

Chi altri se non Carlo Guccione ha attenzione ai problemi del nostro territorio?

Parliamo di Amantea, Belmonte Calabro, Lago, Cleto, Serra d’Aiello, San Pietro in Amantea, eccetera.

Eccone un’alra prova.

 

 

“Entro pochi mesi un’altra delle ventuno strutture in provincia di Cosenza, costruite negli anni novanta con finanziamenti del Ministero della Salute (legge 67/1988, ex articolo 20) e costate 14 milioni di euro, entrerà ufficialmente in funzione e sarà pronta ad ospitare dieci minori con problematiche psicopatologiche e/o anche sottoposti a procedimento minorile”.

È quanto ha affermato il consigliere regionale Carlo Guccione.

“Sono ormai in fase conclusiva i lavori di ristrutturazione e riqualificazione da parte dell’Asp di Cosenza.

Nei giorni scorsi ho effettuato un sopralluogo a San Pietro in Amantea e constatato personalmente che mancano poche rifiniture e a breve l’impresa che si è aggiudicata i lavori consegnerà l’immobile”.

Ieri si è tenuto un incontro alla Cittadella regionale insieme al Commissario Saverio Cotticelli.

Oltre al consigliere regionale Carlo Guccione erano presenti il sindaco di San Pietro in Amantea Gioacchino Lorelli e l’assessore Danilo Caruso, il consigliere comunale di Amantea Tommaso Signorelli, la direttrice del Centro regionale per la Giustizia minorile Isabella Mastropasqua, il dottor Luciano Lucania del Dipartimento Salute della Regione.

“L’incontro è servito a stabilire un cronoprogramma – ha spiegato il consigliere Guccione - per l’apertura di questa importantissima struttura sanitaria, che darà una risposta ai tanti minori che oggi sono costretti ad andare fuori regione per mancanza di questi servizi sanitari.

Fino ad oggi ciò non ha fatto altro che aumentare l’emigrazione sanitaria passiva, con un costo altissimo per la regione, sia in termini economici che sociali.

L’impegno che è stato assunto ieri insieme al commissario Cotticelli è quello di accelerare tutte le procedure burocratiche che consentano in pochi mesi l’apertura dell’immobile e l’erogazione di questa importante prestazione sanitaria.

Il commissario Cotticelli ha dimostrato grande disponibilità, impegno e concretezza al fine di raggiungere un obiettivo importante, visto che con l’attivazione di questa struttura finalmente anche la Calabria potrà dare accoglienza ai minori con problematiche psicopatologiche e/o sottoposte a procedimento minorile”.

Catanzaro, 24 luglio 2019

Pubblicato in Belmonte Calabro
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