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È finita con l’assoluzione di tutti gli imputati il processo contro gli amministratori e dirigenti delle società Smeco e Giseco che per anni hanno gestito gran parte dei depuratori del Tirreno cosentino.

In particolare Domenico Albanese, Jessica Plastina, Raffaele Romeo e Rosaria Rita Mazzacuva sono stati assolti dalle accuse che li vedevano – a vario titolo – alla sbarra per disastro ambientale, frode nelle forniture e illecito smaltimento dei rifiuti.

Per i giudici del Tribunale di Paola presieduto da Paola Del Giudice, i quattro non dovranno rispondere degli addebiti che la Procura di Paola, allora diretta dal procuratore capo Bruno Giordano aveva loro formulato.

In particolare, secondo la sentenza emessa oggi nell’ambito del processo avviato nel 2014 – che ha riunito due procedimenti a carico degli stessi – l’ex amministratore della Smeco Domenico Albanese è stato giudicato non procedibile perché i reati contestati risultano ormai estinti per prescrizione.

Mentre per le altre tre persone – finite nella maxinchiesta della Procura di Paola per l’inquinamento negli anni del Tirreno cosentino – i giudici hanno adottato l’assoluzione con formula piena.

Praticamente il mar Tirreno non è stato inquinato.

Mentre dalle carte dell’inchiesta degli investigatori emergerebbero decine di casi di cattiva depurazione (Tortora, Fuscaldo, Paola) per il Tribunale i fatti contestati evidentemente non erano veri.

Nel dispositivo emesso al termine del processo che era in corso a Paola, i giudici si sono riservati – stante la complessità degli argomenti – di depositarne le motivazioni entro 90 giorni.

La Procura di Paola attenderà le motivazioni della sentenza per decidere di ricorrere contro la stessa in Appello.

Un duro schiaffo al Procuratore Giordano ed agli investigatori.

Pubblicato in Paola

Questa volta è impossibile non richiamare la sagacia di Paolo Orofino , posto che il titolo si appartenga al giornalista e non al titolista.

Non ce ne voglia il giornalista calabrese da sempre sulla barricata della notizia, pronto a seguire dal cumulo di materassi, mobili e quant’altro che, ai più ed ai bassi, come direbbe Leopardi,” da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude”.

Uno sguardo lungo il suo, ma anche una posizione privilegiata.

Basta essere nel posto giusto, al momento giusto. Ed avere, ovviamente, se non l’amico giusto, la soffiata giusta!

E così sapere che il sindaco Monica Sabatino sia stata sentita in Procura quale teste informata sui fatti.

Non è la prima dell’amministrazione comunale, che viene sentita dai vertici del commissariato di Polizia di Paola.

Ma questa volta la audizione è avvenuta alla presenza del procuratore Bruno Giordano. Una presenza atipica ( rispetto agli altri amministratori sentiti) ma sicuramente ben giustificata, per quanto le ragioni non sia note.

Due lunghe ore di audizione alla fine della quale il sindaco ha dichiarato: “Sono davvero fiduciosa nell’operato della magistratura”.

Non sono nemmeno note le ragioni dell’audizione anche se due sono le “spine” del sindaco Sabatino , sulle quali sembra sia stato anche chiesto il sostegno e la vicinanza del sig Prefetto. E cioè il concorso per la stabilizzazione dei vigili precari e la gestione dei beni confiscati ai capi clan di Amantea, due problemi incisi da scelte opportune e da decisioni del TAR.

Quello che dell’articolo del noto giornalista sorprende è che negli ambienti della magistratura si parli di possibili iscrizioni nel registro degli indagati.

Ed ancora più sorprendente è che “ gli imminenti sviluppi che si prevedono, potrebbero non lasciare immuni anche membri della sua amministrazione”.

Nasce così il toto assessori e toto funzionari.

Chi potrebbero essere? Non resta che attendere. Perché la svolta sarebbe a breve.

Pubblicato in Cronaca

Chiusa l’indagine sui mattatoi del Tirreno indagati 4 veterinari.
L’indagine ha riguardato i mattatoi di Fuscaldo e San Pietro in Amantea

 

Ora la chiusura delle indagini a carico di 5 persone tra cui 4 veterinari.
Tra le contestazioni il mancato controllo su quanto stava accadendo agli impianti.

Secondo la procura di Paola Giordano diversi i reati, tra cui omissioni, inosservanze nei controlli, violazioni delle normative ambientali tra cui lo scarico di reflui non autorizzato, con correlato imbrattamento dei luoghi. Ed ancora, in un caso, falso materiale ed ideologico.

Un lungo l'elenco come si nota che il procuratore capo Bruno Giordano – titolare dell'inchiesta sulle anomalie ai mattatoi del Tirreno cosentino dei reati che la Procura della Repubblica di Paola – contesta a cinque persone , tra cui quattro veterinari dell'Azienda sanitaria provinciale cosentina, a carico delle quali è stato emesso il provvedimento di chiusura delle indagini preliminari.

Una vicenda complessa partita dal 2013 che ha visto operare sui due mattatoi in funzione a Fuscaldo e a San Pietro in Amantea gli uomini del nucleo Ambiente della stessa Procura, i carabinieri di varie stazioni dislocate sul territorio, carabinieri del Nas di Cosenza, uomini della Guardia costiera, personale ispettivo sulla sicurezza nei luoghi di lavoro dell'Asp di Cosenza.

la Procura avrebbe stimato oltre 4 milioni di litri di liquami provenienti dalla macellazione di bovini e suini che non sarebbero stati scaricati nei luoghi senza alcun trattamento preventivo.

Una situazione questa che non sarebbe stata denunciata neppure dai veterinari dell'Asp locale.

Anzi in un caso un veterinario avrebbe prodotto anche un «atto materialmente ed ideologicamente falso all'evidente scopo di mascherare le sue responsabilità omissive per i mancati interventi di sua stretta competenza, riguardo le condizioni fatiscenti e inappropriate del mattatoio di Fuscaldo».

Ora la parola passa alla difesa che avrà 20 giorni per presentare una memoria difensiva o per chiedere l’interrogatorio dei loro assistiti.

Decorsi i 20 giorni la Procura della Repubblica di Paola potrebbe chiedere il rinvio a giudizio per i cinque indagati.

Vi faremo sapere

stabilimento mattatoi

Pubblicato in Paola

Tortora.Continua l’azione di tutela del mare da parte della procura di Paola.

Questa volta addirittura in collaborazione con la procura di Lagonegro.

A conclusione di una lunga ed attenta indagine iniziata nel 2011 condotta dalla Guardia di Finanza il GIP di Paola su richiesta della procura della repubblica di Paola condotta dal PM Bruno Giordano ha disposto il sequestro dell’impianto di depurazione di san Sago in Tortora.

L’impianto è gestito dalla “Ecologica 2008 srl”, autorizzato dalla Regione Calabria per il trattamento di rifiuti pericolosi.

Il sindaco di Tortora Pasquale Lamboglia dichiara che “L’operazione di questa mattina della Guardia di Finanza e della procura della repubblica di Paola rappresenta la conferma di quanto noi abbiamo sempre sostenuto in merito agli impianto di San Sago”

Secondo gli investigatori non sarebbe stato rispettato il limite quantitativo massimo giornaliero di rifiuti liquidi trattabili in più giorni negli anni dal 2009 al 2013, limite stabilito in 300 metri cubi giornalieri.

L’impianto di Tortora riceveva rifiuti liquidi da numerosi siti non solo della Regione Calabria, ma anche dalla Campania, dalla Puglia e dalla Basilicata.

Gli investigatori hanno evidenziato una serie di criticità nel funzionamento del depuratore, tra cui la presenza di tubazioni volanti, predisposte sulle vasche per bypassare sezioni del processo depurativo o la completa disattivazione della sezione di depurazione relativa alla “denitrificazione” con la conseguenza del mancato abbattimento dell’azoto, causa della cosiddetta eutrofizzazione dei torrenti recettori e del mar Tirreno.

Il Gip sottolinea che si tratta di «Una gestione dell’impianto, quindi, assolutamente non in linea con le sue caratteristiche tecniche, ma utilizzato quale sito in cui far confluire, al fine di maturare ulteriori guadagni “bypassando” illecitamente i parametri e gli adempimenti imposti dalle normative e dalle prescrizioni amministrative di riferimento, il maggior quantitativo di rifiuti possibili, successivamente smaltiti illegalmente, a causa del loro mancato e/o inadeguato o comunque insufficiente trattamento, attraverso il loro scarico nel torrente Pizzinno e successivamente, attraverso il fiume Noce, nel mar Tirreno».

Gli investigatori si sono avvalsi di moderne tecniche di controllo, tra cui apparecchiature Gps, impiantati sulle auto-cisterne e seguite nei loro spostamenti , accertando numerosi episodi durante i quali enormi quantità di liquami sono confluiti nell’impianto e successivamente, non depurati, sversati nelle acque del torrente Pizzinno.

Basti pensare che nei soli due mesi di dicembre 2012/gennaio 2013 l’impianto ha sversato illecitamente nel torrente Pizzinno oltre 8.500 metri cubi di rifiuti liquidi, per lo più percolato da discarica non depurato, che hanno determinato un gravissimo pericolo per l’incolumità pubblica e per l’ambiente, così come un deturpamento delle bellezze naturali circostanti costituite da macchia mediterranea, viste le caratteristiche inquinanti del percolato e gli effetti sull’ecosistema.

Parliamo di oltre 140 mc al giorno sversati nel torrente.

Forte la preoccupazione dei magistrati che hanno evidenziato che «Per avere un’idea del danno creato basti pensare che le acque del torrente vengono utilizzate anche
per l’irrigazione e l’abbeveraggio e, sversate nel mar Tirreno, rendono quelle acque, sempre più frequentemente, impraticabili per i villeggianti. Non è un caso, infatti, che da alcuni anni in diversi tratti del mar tirreno cosentino campeggino divieti di balneazione, facendo guadagnare a questi, un tempo, apprezzati lidi, il triste primato di maglia nera della balneazione. L’attività svolta costituisce ulteriore testimonianza del quotidiano impegno profuso dalle Fiamme gialle sul territorio a tutela della salute dei cittadini e della legalità».

Tre cose:

La prima: possibile che nessuno come al solito controlli le acque del fiume?. A chi compete? Chi è responsabile di questa omissione generalizzata e vergognosa?

La seconda: se davvero vogliamo un mare più pulito si impone che tutti i soggetti che hanno inviato a San Sago i propri reflui da trattare siano costantemente controllati, da subito, dalle Procure competenti per evitare che vengano comunque immessi reflui negli alvei fluviali e torrentizi della Calabria, della Basilicata e della Campania.

La terza. E’ indispensabile che vengano condotte indagini sulla flora e fauna dei terreni a valle delle immissioni.

Pubblicato in Alto Tirreno
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