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Riceviamo e pubblichiamo:

Foibe. Chi se ne fotte dell’Anpi. Un fumetto e un film per ripartire dalla memoria e dalle scuole.

Ogni anno bisogna scongelare il presidente Mattarella, sperando che dica qualcosa di pienamente sentito e rappresentativo per l’occasione.

 

Come ogni anno, bisogna sperare che il parlamento italiano ricordi di aver varato, nella sue galeoniche movenze, una legge nazionale nel 2004 che tutela e riconosce un giorno di celebrazione comune delle “vittime delle foibe, dell’esodo degli istriani, dei fiumani e dei dalmati italiani dalle loro terre durante la seconda guerra mondiale e nell’immediato secondo dopoguerra (1943-1945)”. Ogni anno bisogna sperare che la pacchiana italianità, ancor più maleodorantemente virtuale, ci eviti la gara a chi ce l’ha più grosso, a quali morti pesano di più, come se la morte di una madre per mano di un assassino, valga di meno di quella di un’altra.

Come ogni anno, bisogna sperare che una pagina Facebook realizzi meno meme dell’anno precedente, colta dalla consueta frigidità digitale che intercorre, caprona e banale, tra i Marò, le foibe e il Duce appiccato per le gambe.

Di anno in anno, bisogna sperare che qualche studente di terza media sia riuscito a sentir pronunciare, anche solo per sbaglio, la parola “foiba”.

Anno dopo anno, bisogna constatare che l’Anpi continua a manifestare la propria inutilità alla crescita del Paese, pur gradendone i fondi per la sussistenza, ora in discussione, anteponendo la direttiva di una continua resistenza, anche in assenza di fascismo storico e tangibile – poiché chiamare fascisti i leghisti non corrisponde, di certo, a reale minaccia per l’incolumità del Paese, né a una forma di accrescimento e superiorità culturale -, come di partigiani comunisti, socialisti e democristiani, ormai mobilia polverosa di una stanza del museo di ciò che fummo, al rispetto della memoria collettiva.

L’Anpi che, proprio di anno in anno, dopo anno, annualmente, come ogni anno, non perde occasione per dare prova della propria trinariciutesca volontà di ferro di dimostrarsi forzatamente rispettosa del Giorno del Ricordo, ma zitta, zitta, prova a instillare nel sistema, insinuazioni di negazionismo (le foibe sono un’invenzione, vedasi Basovizza), giustificazionismo (i massacri delle foibe furono una reazione a vent’anni di regime fascista), relativizzando, sminuendo, o circoscrivendo le urla di dolore dei morti ammazzati, violentati, torturati, e poi infoibati, che fossero italiani, fascisti, antifascisti, serbi o croati.

Per verificare questo, occorre solo fare una ricerca su google, o poco più. Non ultima l’Anpi di Rovigo, secondo cui le foibe sono un’invenzione (dei fascisti). Santa resistenza martire, unica e assoluta patrona della democrazia in Italia, culto sostitutivo laico di Stato. Tutto il resto è fandonia.

Non c’è pace. Prendiamoci la pace. E non prendiamoci in giro: l’Italia non ha affatto memoria delle vittime delle foibe. Ancora no, o, quantomeno, non sufficiente.

Troppi sono, infatti, coloro i quali vorrebbero relegare quei morti a una dimensione privata. A una cappella in fondo al cimitero.

Vorrebbero scrivere col sangue una frase da poster con cui arredare il nostro ghetto.

Il nostro, poi, di chi? Che pretenderebbero di ridimensionare la storia a una questione ideologica di parte.

E questo accade perché pur essendosi invertita la rotta politica di questo Paese, almeno al momento e almeno in apparenza, la strada della generazione della cultura di massa è pienamente tortuosa, primato dell’egemonia pensante che fa capo alla sinistra.

La prima generazione al governo, anticonformista rispetto alla sinistra, gettò le basi per il riconoscimento ufficiale del dramma delle foibe; la seconda, ora, ha il dovere di cristallizzare la memoria.

Per questo ogni strillo di dolore, ogni pianto disgraziato di Norma Cossetto tenuta ferma e stuprata dai suoi aguzzini slavi (poi costretti a vegliare la salma, una volta catturati, fino ad impazzire), e poi buttata in una foiba, si sentono ancora poco. I nostri giovani sentono ancora poco, i nostri studenti, gli italiani. Sordi, ciechi.

Per questo bisogna esultare di ogni vittoria della memoria e smettere di inseguire la rabbia e la viltà della negazione, della riduzione, del disturbo alla storia, agendo in via istituzionale affinché esso non si ripeta.

Ma il cuore del Paese, deve pensare ad altro. Far festa, nella solennità, contribuendo a costruire la memoria civile di questa terra puttana – che è contemporaneamente edificazione della maturità nazionale nella trista constatazione di una “pacificazione” impossibile -, ancora fortemente rinchiusa nella propria pustolosa adolescenza.

Scansare, rifiutare come droghe in discoteca, le avances decostruttive, la ansie giustificazioniste, le paranoie negazioniste, la riduzione della grande storia, i calci alla memoria degli uomini, delle donne, dei bambini, crepati nelle foibe.

Pubblicato in Italia

“Il 28 gennaio abbiamo avuto modo di leggere il seguente articolo avente a titolo “ Per non dimenticare” e relativo ad un significativo momento di riflessione degli alunni dell’Istituto Comprensivo Campora-Aiello sulla Giornata della Memoria

“I ragazzi sono stati accolti dai saluti inviati dalla Dirigente scolastica Caterina Policicchio e dal Sindaco di Amantea Mario Pizzino.

Come in altri Istituti scolastici, è stato proiettato “La stella di Andra e Tati“ - il cartone animato sulla Shoah rivolto ai giovani e scritto da Alessandra Viola e Rosalba Vitellaro – che racconta la storia delle sorelle Andra e Tatiana Bucci deportate, la sera del 28 marzo 1944, da Fiume ad Auschwitz-Birkenau e tra le pochissime sopravvissute al campo di concentramento.

Una narrazione che ha accompagnato i ragazzi per mano a scoprire la realtà terribile e dolorosa dell’olocausto senza sbavature di pietismo.

Le riflessioni – che hanno visto l’interazione attiva e partecipata di alcuni alunni – sono state avviate dalla Prof.ssa Concetta Mileti, Responsabile della Funzione Strumentale.

Sono, dunque, seguiti gli interventi del Presidente del Consiglio comunale e delegato alla cultura Enzo Giacco, della Vice Preside Antonia Veltri e della docente di lettere Monica Bennardo.

Tanti i temi toccati: dall’importanza della memoria che deve essere custodita e tramandata dalle giovani generazioni, all’importanza di rompere il muro dell’indifferenza che spesso cela la sofferenza di tante popolazioni.

L’iniziativa è servita per riflettere insieme sul diritto alla dignità della persona, alla libertà ed alla vita e per ragionare sull’importanza dei valori della pace, della tolleranza e dell’accoglienza.

Tanti i riferimenti al dramma senza fine dei profughi africani che ogni giorno perdono la vita nel Mediterraneo.

L’auspicio dell’Istituzione scolastica e dell’Amministrazione comunale è che iniziative come queste siano utili a smuovere e ad irrobustire le coscienze per far sì che i giovani possano essere protagonisti del presente e del futuro – diffondendo sani principi umani e comunitari – costruendo una società migliore.

L’interesse degli alunni all’iniziativa di oggi rappresenta un segnale incoraggiante”

Vorremmo chiedervi come mai codesto sito non ha pubblicato analogo articolo per ricordare agli studenti dell’Istituto Comprensivo Campora-Aiello la Giornata del Ricordo.

Lettera Firmata

L’articolo al quale Lei fa riferimento è stato ricevuto da questo sito che lo ha semplicemente pubblicato.

Appena ci perverrà, e se ci perverrà. quello relativo ad un evento culturale relativo alla Giornata del Ricordo ne daremo pubblicazione.

Gradiremmo che si ricordasse che ci sono voluti 70 anni perché l’Italia scoprisse le foibe e la tragica storia di migliaia di civili infoibati e costretti a lasciare le loro terre, vittime innocenti di una falsificazione storica e di una pulizia etnica, allo scopo di appropriarsi delle terre e dei loro beni.

Ci vorrà quindi molto tempo perché gli Italiani sappiano anche questa verità e non solo quella finora diffusa sui testi scolastici e sui giornali politicizzati.

Pubblicato in Cronaca

"Celebrare la Giornata del Ricordo significa rivivere una grande tragedia italiana, vissuta allo snodo del passaggio tra la Seconda Guerra Mondiale e l’inizio della guerra fredda.

Un capitolo buio della storia nazionale e internazionale, che causò lutti, sofferenza e spargimento di sangue innocente".

Lo ha affermato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della celebrazione al Quirinale del Giorno del Ricordo, aggiungendo: "Mentre, infatti,sul territorio italiano la conclusione del conflitto contro i nazifascisti sanciva la fine dell’oppressione e il graduale ritorno alla libertà e alla democrazia, un destino di ulteriore sofferenza - ha ricordato il Capo dello Stato - attendeva gli italiani nelle zone occupate dalle truppe jugoslave".

"La zona al confine orientale dell’Italia, già martoriata dai durissimi combattimenti della Prima Guerra mondiale, assoggettata alla brutalità del fascismo contro le minoranze slave e alla feroce occupazione tedesca, divenne, su iniziativa dei comunisti jugoslavi, un nuovo teatro di violenze, uccisioni, rappresaglie, vendette contro gli italiani, lì da sempre residenti. Non si trattò, come qualche storico negazionista o riduzionista ha provato a insinuare, di una ritorsione contro i torti del fascismo" ha detto Mattarella.

"Perché - ha spiegato - tra le vittime italiane di un odio, comunque intollerabile, che era insieme ideologico, etnico e sociale, vi furono molte persone che nulla avevano a che fare con i fascisti e le loro persecuzioni".

"Per una serie di coincidenti circostanze, interne ed esterne, sugli orrori commessi contro gli italiani istriani, dalmati e fiumani cadde una ingiustificabile cortina di silenzio, aumentando le sofferenze degli esuli, cui veniva così precluso perfino il conforto della memoria" ha proseguito il Presidente della Repubblica.

"Solo dopo la caduta del muro di Berlino, il più vistoso ma purtroppo non l'unico simbolo della divisione europea, una paziente e coraggiosa opera di ricerca storiografica, non senza vani e inaccettabili tentativi di delegittimazione, ha fatto piena luce sulla tragedia delle foibe e del successivo esodo, restituendo questa pagina strappata alla storia e all'identità della nazione".

"L'istituzione, nel 2004, del Giorno del Ricordo, votato a larghissima maggioranza in Parlamento, dopo un dibattito approfondito e di alto livello, ha suggellato questa ricomposizione nelle istituzioni e nella coscienza popolare".

E "certa propaganda legata al comunismo internazionale - ha aggiunto il Capo dello Stato - dipingeva gli esuli come traditori, come nemici del popolo che rifiutavano l'avvento del regime comunista, come una massa indistinta di fascisti in fuga. Non era così, erano semplicemente italiani".

"Molti tra i presenti - ha affermato il presidente Mattarella - figli e discendenti di quegli italiani dolenti, perseguitati e fuggiaschi, portano nell'animo le cicatrici della vicenda storica che colpì i loro padri e le loro madri.

Ma quella ferita, oggi, è ferita di tutto il popolo italiano, che guarda a quelle vicende con la sofferenza, il dolore, la solidarietà e il rispetto dovuti alle vittime innocenti di una tragedia nazionale per troppo tempo accantonata"

Pubblicato in Italia

Quindici anni fa ed esattamente il 30 marzo 2004 il governo Berlusconi , presidente Ciampi, istituì il Giorno del Ricordo per le vittime delle foibe e dell'esodo degli istriani, fiumani e dalmati.

I massacri delle foibe sono stati degli eccidi ai danni della popolazione italiana

della Venezia Giulia e della Dalmazia, avvenuti durante la seconda guerra mondiale e nell'immediato secondo dopoguerra (1943-1945), da parte dei partigiani jugoslavi e dell'OZNA.

Il nome deriva dai grandi inghiottitoi carsici dove furono gettati molti dei corpi delle vittime, che nella Venezia Giulia sono chiamati "foibe".

Al massacro delle foibe seguì l'esodo giuliano dalmata, ovvero l'emigrazione forzata della maggioranza dei cittadini di etnia e di lingua italiana dalla Venezia Giulia e dalla Dalmazia, territori del Regno d'Italia prima occupati dall'Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia del maresciallo Josip Broz Tito e successivamente annessi dalla Jugoslavia. Si stima che i giuliani, i fiumani e i dalmati italiani che emigrarono dalle loro terre di origine ammontino a un numero compreso tra le 250.000 e le 350.000 persone.

Di quel tragico periodo il Presidente della repubblica Giorgio Napolitano in occasione della celebrazione del "Giorno del ricordo" in Roma, il 10 febbraio 2007 disse “...già nello scatenarsi della prima ondata di cieca violenza in quelle terre, nell'autunno del 1943, si intrecciarono "giustizialismo sommario e tumultuoso, parossismo nazionalista, rivalse sociali e un disegno di sradicamento" della presenza italiana da quella che era, e cessò di essere, la Venezia Giulia. Vi fu dunque un moto di odio e di furia sanguinaria, e un disegno annessionistico slavo, che prevalse innanzitutto nel Trattato di pace del 1947, e che assunse i sinistri contorni di una "pulizia etnica".»

Ed ecco cosa ha detto Mattarella nel 2015 in occasione della cerimonia ufficiale tenutasi presso la Camera dei deputati :«Per troppo tempo le sofferenze patite dagli italiani giuliano-dalmati con la tragedia delle foibe e dell'esodo hanno costituito una pagina strappata nel libro della nostra storia. Il Parlamento con decisione largamente condivisa ha contribuito a sanare una ferita profonda nella memoria e nella coscienza nazionale. Oggi la comune casa europea permette a popoli diversi di sentirsi parte di un unico destino di fratellanza e di pace. Un orizzonte di speranza nel quale non c'è posto per l'estremismo nazionalista, gli odi razziali e le pulizie etniche.»

In quella occasione il presidente della Camera Laura Boldrini, affermò: «Quando nel marzo del 2004 prima la Camera e poi il Senato approvarono a larghissima maggioranza la legge 92 che istituiva la "giornata del ricordo", il Parlamento realizzava uno dei suoi atti più elevati e significativi, colmando, finalmente, un debito di riconoscenza verso la memoria delle migliaia di italiani che rimasero vittime di una violenza cieca e brutale. Il Novecento non è stato soltanto lutti e tragedie. È stato anche il secolo in cui tanti popoli si sono liberati dal colonialismo, in cui si sono affermati e diffusi diritti sociali e civili, in cui hanno fatto irruzione in tutto il mondo da protagonisti i movimenti delle donne e giovanili. Ma hanno pesato come un macigno sulla vita di milioni di persone le due guerre mondiali, la ferocia delle dittature, le contrapposizioni ideologiche della guerra fredda. A pagare per tutto questo, insieme a milioni di esseri umani, ci sono stati anche i principi di verità e di giustizia. Sulle foibe, in particolare, è calato un muro di silenzio. Si è voluto nascondere e si è preferito non parlare. Perché questa scelta? Lo ha spiegato bene l'allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che tanto si è impegnato nel dare valore alle celebrazioni del 10 febbraio, nel suo discorso del 2007 Disse allora Giorgio Napolitano che dobbiamo assumerci la responsabilità di "aver negato, o teso ad ignorare, la verità per pregiudiziali ideologiche e cecità politica, e dell'averla rimossa per calcoli diplomatici e convenienze internazionali". Pregiudiziali ideologiche insieme a calcoli diplomatici. Ecco che cosa ha impedito che si parlasse delle foibe e dell'esodo cui furono costrette tante famiglie di italiani, in quella che è stata definita una vera e propria "pulizia etnica" - una definizione che è un altro macigno - perpetrata dalle autorità Jugoslave.»

Almomento prende piede un blasfemo e vergognoso movimento negazionista sorretto dall’Anpi( vedi post negazionista dell'Anpi di Rovigo) e vedi anche il logo dell'associazione presente sulla locandina del convegno revisionista "Foibe e Fascismo 2019", la "Quattordicesima edizione della contromanifestazione cittadina in occasione del 'Giorno del Ricordo'" in programma il 10 febbraio alle 10.30 al Cinema Astra di Parma. Con l'Anpi ci sono anche l'Anppia, l'associazione nazionale perseguitati politici italiani antifascisti, e il Comitato antifascista antimperialista e per la memoria storica a patrocinare l'evento, che vede gli interventi di alcuni storici già finiti al centro delle polemiche per le loro posizioni revisioniste”.

Ahimè la verità non è quella storica ma quella diffusa dalla “politica” sinistrorsa”

Ad Amantea qualcuno celebrerà anche le foibe?

Crediamo di no, ma se dovesse verificarsi ne riparleremo.

Esule con tricolore

Estrazione corpi dalla foibe( vedi maschere a gas)

Pubblicato in Primo Piano
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