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pioggiaIntorno alla mezzanotte la pioggia cessò, le nuvole scomparvero e il cielo si popolò ancora una volta con incredibili lampade di stelle.

 

Il vento smise di rumoreggiare cupamente e non si udiva nessun rumore eccetto la goccia d'acqua che attraverso fessure raggiungeva il basso, foglia dopo foglia, sulla roccia color ferro.

L'aria era fredda, umida, e limpida; e anche il suono dell'acqua era indifferente. Me ne stavo disteso, rannicchiato sulla pallida spiaggia con Aiz nella mente e il flusso dell’acqua del fiume che si estendeva sulla superficie del mare, palmo dopo palmo. Il bordo dell’Ulisse divenne una striscia fosforescente che avanzava minuziosamente, insieme alla grande ondata dell’alta marea.

 

A tratti la limpida acqua rispecchiava il cielo terso e le luminose costellazioni.

La linea di fosforescenza sporgeva sui granelli di sabbia e sassolini; poi improvvisamente li accettò con una sillaba non udibile, proseguì il suo cammino. All’improvviso il mio pensiero venne depistato da una voce che sommessamente mormorava: “Una costellazione è ognuna delle 88 parti in cui la sfera celeste è convenzionalmente suddivisa allo scopo di mappare le stelle.

I raggruppamenti così formati sono delle entità esclusivamente prospettiche, a cui la moderna astronomia non riconosce alcun reale significato. Infatti nello spazio tridimensionale le stelle che formano una stessa costellazione possono essere separate anche da distanze enormi, così come diverse possono essere le dimensioni e la luminosità, viceversa, due o più stelle che sulla sfera celeste appaiono magari lontanissime tra di loro, nello spazio tridimensionale possono essere al contrario separate da distanze minori di quelle che le separano dalle altre stelle della propria costellazione, durante un ipotetico viaggio interstellare non riusciremmo più ad identificare alcuna costellazione, e ogni sosta vicino a qualunque stella ce ne farebbe identificare semmai di nuove, visibili solo da tale nuova prospettiva”.

 

Molti corpi ed oggetti celesti conosciuti in antichità, sono stati protagonisti di leggende mitologiche. Infatti, presso i greci, la maggior parte di essi era stata battezzata con i nomi delle loro divinità, che poi successivamente furono importati ed adattati dai romani alle loro tradizioni e mantenuti sino ai nostri giorni.

Il culto dei pianeti risale invece ai babilonesi che si dedicavano allo studio ed alla previsione delle configurazioni planetarie, convinti com'erano che tutto ciò influenzasse il destino dell'uomo. La striscia lattiginosa che taglia il cielo, e che noi sappiamo essere la nostra galassia, per i greci rappresentava del latte perso da Era mentre allattava Ercole che versandosi si sparse nel cielo.

Quest'ultimo infatti, era figlio di Zeus ed Alcmena la quale, per paura di ritorsioni da parte della consorte del re degli dei, lo abbandonò subito dopo la nascita. Zeus, che teneva molto al neonato, fece in modo con la complicità di Atena che la moglie stessa lo trovasse fra i campi, la quale inteneritasi prese immediatamente ad allattarlo rendendolo immortale.

Sdraiato sulla sabbia mi sentivo sereno ed appagato perché avevo assolto ai miei doveri con serietà e scrupolo. Mi restava quel pizzico di ossessione derivante dal desiderio della perfezione. Il carattere riservato mi impediva di mostrare i veri sentimenti nei confronti di Aiz.

A volte provavo persino paura dell'amore, intimamente però, avevo bisogno di lei e delle sue labbra sulle mie. Sentii un fruscio.

 

La donna più bella dei mortali con la sua chioma quasi d’oro, gli dei la stavano rapendo per portarla in cielo perché servisse da coppiere a Zeus in eterno.

Aiz molto timorosa, fece voto, di sacrificare agli dei gli splendidi capelli. Così avvenne, la chioma fu recisa e fatta appendere nel tempio di Afrodite. Un bel giorno però Lei scomparve, nella più grande costernazione della Corte e mia. Tutti i sapienti convocati per cercare di svelare il mistero sulla incomprensibile scomparsa furono incapaci di indicare la minima traccia. Un famoso astronomo, Conone, ebbe però l'idea giusta: prendendo un gruppo di stelle amorfe (come si chiamavano quelle che nei cataloghi non erano raggruppate in costellazioni) appena dietro il Leone, costituì una nuova costellazione, spiegando ai presenti che i capelli della bella Aiz erano lassù, in cielo, portati dagli dei che, non avendo mai visto nulla di più bello, li volevano sempre vicini a loro sottraendoli al mio viso e alle mie dita.

Sometimes a moment is all you need to forget a life, but sometimes a life isn't enough to forget a moment.

James Douglas Morrison.

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

Pubblicato in Calabria

giZeus era abituato a guardare la Terra dall’alto dell’Olimpo e la trovava deserta e desolata anche se abitata da uomini e da animali.

 

Questi vivevano stentatamente, nascosti nelle loro tane e nelle profonde caverne dalle quali uscivano raramente e solo di notte, gli uni temendo gli altri, s'avventuravano fuori in cerca di cibo. Dopo aver riflettuto sulla misera vita dei terrestri, Zeus mandò in basso Epimeteo, figlio di un Titano, con il compito di migliorare l’esistenza degli uomini e degli animali, dotandoli di artigli, zanne, ali, fiuto, udito, velocità, astuzia e forza.

 

All’uomo, che per paura era rimasto nascosto, non diede nulla.

La cosa non sfuggi a Prometeo, fratello di Epimeteo, che aveva assistito alla nascita di Atena, dea della sapienza, dalla testa di Zeus, e la dea stessa gli aveva insegnato l'architettura, l'astronomia, la matematica, la medicina, l'arte di lavorare i metalli, l'arte della navigazione. Prometeo non poteva accettare che gli uomini conducessero una vita così infelice e meschina, così pensò di dar loro un prezioso dono.

 

Prometeo pensò di rubare il fuoco e una notte, dopo aver addormentato Vulcano con una tazza di vino drogato, portò via qualche scintilla che nascose in un bastone di ferro cavo; poi corse dagli uomini ed annunciò che recava loro il dono più grande.

Ben presto tutta la Terra brillò di fuochi attorno ai quali gli uomini cantavano felici! Contrariamente a Epimeteo “quello che non si cura”, Prometeo era “colui che si preoccupa”.

 

Col fuoco gli uomini riuscirono a scaldarsi d'inverno, cuocere la carne che, come animali e con gran fatica, mangiavano cruda; tenere lontane le fiere, illuminare le caverne; riuscirono a fondere i metalli e darsi così attrezzi per lavorare la terra ed armi per difendersi e cacciare. Zeus, temendo che gli uomini col fuoco sarebbero diventati troppo superbi, decise di mandare loro solo sciagure (fatica, malattie, preoccupazioni e guerre fra di loro). Prometeo per punizione, venne legato ad una rupe nel Caucaso.

 

Rimase lassù, legato sulle rocce e su vertiginosi precipizi.

Ma non dovette soffrire solo fame, freddo e sete! Ogni giorno, infatti, una grande aquila veniva svolazzando da lui e con gli artigli gli squarciava il ventre, divorandogli il fegato; durante la notte il fegato ricresceva, le ferite si rimarginavano e il mattino dopo Prometeo doveva subire nuovamente quella tortura. Un giorno Ercole vide l'aquila straziare Prometeo incatenato; uccise il rapace e spezzò le catene, permettendo a Prometeo di opporsi a Zeus che aveva deciso di distruggere il genere umano per creare un’altra stirpe.


Mai come adesso il mito di Prometeo dovrebbe ispirare espressioni artistiche, ribellione e variazioni interpretative. Purtroppo nella cultura contemporanea sembra essersi cristallizzato, anche linguisticamente. Prometeo combatteva contro uno Zeus tiranno e capriccioso.

Per quanto infuocati siano gli strali dei Prometeo moderni è difficile sostenere che abbiano come bersaglio il dio dei Potenti. I Prometeo moderni dovrebbero essere consapevoli che forza e politica non possono essere dissociate.

Dovrebbero combattere, al fianco dell’umanità, e senza sconti, il pacifismo religioso, la sintonia tra poteri economici transnazionali, regimi autocratici spacciatori di libertà gratuita. Il tutto nel contesto di una globalizzazione controllata che sembra propensa a esportare solo termini retorici come la “democrazia”, in realtà impone la tirannide travestita da Stato liberal democratico, con la pretesa congenita di farsi arbitro del bene e del male. “Prima di tutto vennero a prendere gli zingari e fui contento perché rubacchiavano.

Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto perché mi stavano antipatici.

 

Poi vennero a prendere gli omosessuali e fui sollevato perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti ed io non dissi niente perché non ero comunista.

Un giorno vennero a prendere me e non c’era rimasto nessuno a protestare”.( Bertold Brecht) Non ci si può illudere di salpare i marosi senza conoscerli nell’ apparente periodo di bonaccia come nella tempesta. Solo una collettiva coscienza osservatrice, particolarmente in un periodo come questo, può far fronte agli Dei e costruire nuove forme di convivenza non indotte. Rifarsi ad una cultura antica che ha permesso di sviluppare la capacità di cogliere la complessità delle cose. Si tratta di un capitale enorme che va alimentato e investito. E questa appunto la condizione moderna, dopo che sono entrati in crisi i grandi sistemi di certezze, le fedi incrollabili che costituivano i punti di riferimento della vita secondo gli Zeus contemporanei.

“Sono venuto a portare il fuoco sulla Terra. E quanto vorrei che fosse già acceso”.

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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I Racconti

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