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CASTROVILLARI (COSENZA) – La Procura della Repubblica di Salerno, competente per le inchieste in cui sono indagati magistrati del Distretto di Catanzaro, ha chiesto il rinvio a giudizio delle persone coinvolte nell’indagine su presunti illeciti attribuiti alla Procura della Repubblica di Castrovillari.

Gli indagati sono il Procuratore Eugenio Facciolla; l’agente della Polizia stradale di Cosenza Vito Tignanelli, amministratore di fatto della Stm srl, che fornisce apparecchiature per intercettazioni; Carmine Greco, comandante della forestale di Cava di Melis (Cosenza); Alessandro Nota, carabiniere in servizio anche lui a Cava di Melis, e Marisa Aquino, moglie di Tignanelli e titolare della Stm. L’udienza preliminare é stata fissata dal gup di Salerno Giandomenico D’Agostino per il prossimo 27 novembre.

I reati per i quali sono indagate le persone coinvolte nell’inchiesta sono corruzione e falso e riguardano presunti illeciti nell’affidamento alla Stm del noleggio di apparecchiature per intercettazione.

L’inchiesta che ha portato alla richiesta di rinvio a giudizio per il procuratore Facciolla e gli altri indagati è stata condotta dal procuratore vicario di Salerno, Vincenzo Senatore, e dal sostituto Luca Masini. Secondo i Pm, il procuratore Facciolla avrebbe «affidato il noleggio di apparecchiature nell’ambito di attività di intercettazione alla Stm srl, formalmente intestata a Marisa Aquino e di fatto amministrata da Vito Tignanelli, con il quale il magistrato intratteneva relazioni personali risalenti a circa venti anni addietro» e che «a riprova del rapporto fiduciario, era risultato, nell’ottobre 2018, depositario presso la propria abitazione di copiosa documentazione affidatagli in custodia dallo stesso dottor Facciolla».

Questi affidamenti, sempre secondo l’ipotesi accusatoria, avrebbero procurato un «ingiusto vantaggio patrimoniale» alla Stm srl «in violazione dell’obbligo di imparzialità gravante su ogni pubblico ufficiale».

Il procuratore Facciolla, secondo l’accusa, avrebbe ricevuto per sé delle «utilità”: l’uso di un’utenza telefonica intestata a Marisa Aquino «da epoca anteriore e prossima al 23 dicembre 2015 e fino a tutto il 17 ottobre 2016, avendone assunto la titolarità solo il 17 ottobre 2016». Inoltre nella primavera del 2017, su espressa indicazione di Marisa Aquino, sarebbero state installate dalla Stm due video camere nel parcheggio antistante l’ingresso dell’abitazione del magistrato a Cosenza.

Due sono, inoltre le ipotesi di falso. Un capo di imputazione riguarda Facciolla e il maresciallo Greco. Dopo l’arresto di Antonio Spadafora il 9 gennaio 2018, nell’ambito dell’operazione della Dda di Catanzaro denominata «Stige», Facciolla e Greco avrebbero concordato la redazione di un’annotazione nella quale fossero descritte le attività informative che lo stesso Greco, imputato nello stesso procedimento «Stige» per concorso esterno in associazione mafiosa, aveva acquisito «mesi prima nel corso di interlocuzioni con Antonio Spadafora», imputato anche lui nel processo «Stige». Tale documento, però, per l’accusa, sarebbe “risultato materialmente falso» poiché reca la data del 31 dicembre 2017, giorno in cui Greco non risultava in servizio.

Sulla base di accertamenti eseguiti sul computer di Greco, inoltre, «il file risultava generato il 15 dicembre 2018 e modificato l’ultima volta il 19 febbraio 2018». Risulterebbero false, inoltre, determinate attività compiute da Greco: un incontro in data 20 ottobre 2017 nella stazione di Cava di Melis con Antonio e Rosario Spadafora, quest’ultimo anche lui imputato nel processo «Stige», «laddove in quella data l’ufficiale di polizia giudiziaria era risultato permanere per l’intera giornata nell’area urbana di Cosenza e intorno alle ore 20, nel comune di Rende».

Falsa sarebbe anche l’informazione telefonica «ricevuta il 3 novembre 2017 da Antonio Spadafora circa un controllo eseguito dai carabinieri in località Russi, laddove la telefonata risultava essere stata fatta in realtà da Rosario Spadafora».

Sempre secondo l’accusa, «il procuratore Facciolla suggeriva a Carmine Greco la redazione dell’atto e la sua retrodatazione e, a seguito della consegna avvenuta da parte dell’ufficiale di polizia giudiziaria nelle mani della segretaria in servizio nella Procura di Castrovillari, in epoca successiva e prossima al 19 febbraio 2018, non essendo stato apposto sul documento alcun timbro di avvenuta ricezione, ne approvava il contenuto dopo l’avvenuta lettura, provvedendo al suo inserimento all’interno del fascicolo di cui era contitolare, con provvedimento ‘visto agli atti d’ufficiò che recava la data del 28 giugno 2018».

Infine il carabiniere Nota, su istigazione del comandante Carmine Greco, nel protocollare la nota, datata 31 novembre 2017 firmata da Greco e indirizzata al procuratore Facciolla, avrebbe attestato falsamente al protocollo dell’ufficio di avere ricevuto l’atto nella data 31 novembre 2017 «quando in realtà l’atto risultava essere stato ultimato dall’effettivo estensore in data 19 febbraio 2018, avendo commesso il fatto al fine di garantire all’autore della nota contraffatta nella data l’impunità dal reato di falso ideologico».

Ilquotidiano

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Castrovillari .Le responsabilità della tragedia del Raganello potrebbero estendersi a nuovi soggetti.

“A giorni i consulenti depositeranno le risultanze dei rilievi effettuati, ci sono cose interessanti”.

 

 

Ad affermarlo è il Procuratore capo di Castrovillari, Eugenio Facciolla, che sta seguendo personalmente l’inchiesta sulla morte di 10 persone, avvenuta il 20 agosto scorso nelle gole del Raganello, a Civita, a causa della piena del fiume.

Il magistrato annuncia, quindi, nuovi sviluppi dell’inchiesta.

“I rilievi nelle gole sono praticamente terminati – dice il procuratore – e nel giro di una ventina di giorni dovremmo avere l’elaborato, diciamo entro fine novembre.

Stiamo cercando di scandagliare le responsabilità di ognuno – dice Facciolla – e anche riguardo a qualcuno che, in prima battuta, non avevamo individuato.

Ritengo quindi che ci saranno nuovi indagati – precisa il procuratore – ci sono competenze estese e stiamo cercando di fare chiarezza”.

Al momento sono sette le persone già iscritte nel registro degli indagati all’indomani della tragedia.

Per ora gli indagati per i decessi seguiti alla piena del Raganello sono i sindaci dei Comuni del Cosentino in cui ricade l’area naturalistica: Civita, San Lorenzo Bellizzi e Cerchiara di Calabria.

Si tratta di Alessandro Tocci, Antonio Cersosimo e Antonio Carlomagno insieme al presidente del Parco Nazionale del Pollino, Domenico Pappaterra, il dirigente dell’ufficio Biodiversità dei Carabinieri Forestali Gaetano Gorpia e le guide escursionistiche Giovanni Vancieri e Marco Massaro.

Le accuse riguardano la mancata applicazione delle misure e degli interventi preventivi che avrebbero potuto evitare la tragedia. I reati ipotizzati sono omicidio colposo e lesioni colpose, inondazione colposa ed omissione di atti d’ufficio

Pubblicato in Cosenza

Sul registro degli indagati i primi cittadini di Civita, San Lorenzo Bellizzi e Cerchiara, il presidente del Parco del Pollino, un dirigente dei carabinieri e due guide. Ipotizzati i reati di omicidio e inondazione colposi. Facciolla: «Impegno massimo per le vittime»

 

Castrovillari. La Procura della Repubblica di ha emesso sette informazioni di garanzia nell’ambito dell’inchiesta sulla tragedia delle gole del torrente Raganello che il 20 agosto scorso ha provocato la morte a causa di un’onda di piena di 10 escursionisti.

Sul registro degli indagati sono finiti i sindaci dei tre paesini che affacciano sul Raganello, Alessandro Tocci, di Civita, Antonio Cersosimo, di San Lorenzo Bellizzi, e Antonio Carlomagno, di Cerchiara di Calabria, anche sede della maggior parte delle associazioni che organizzano escursioni nelle gole.

Ma fra gli indagati ci sono anche il presidente del Parco Nazionale del Pollino, Domenico Pappaterra e il dirigente dell’ufficio Biodiversità dei Carabinieri Forestali, Gaetano Gorpia, entrambi competenti in materia di sicurezza nella zona, più due note guide Giovanni Vancieri e Marco Massaro.

Gli avvisi sono stati emessi, ha riferito il procuratore Eugenio Facciolla, «in considerazione degli atti istruttori irripetibili che devono essere effettuati.

È doveroso, oltre che obbligatorio, che la giustizia dia una risposta rapida».

Il procuratore Facciolla poi aggiunge «Sin dai primi passi dell’inchiesta abbiamo lavorato senza sosta per dare una risposta a quanti sono rimasti coinvolti nella tragedia del torrente Raganello: alle vittime ed ai loro familiari, ai feriti ed a quanti, pur essendo usciti indenni, hanno subìto un grave trauma psicologico per la terribile vicenda che hanno vissuto.

Per questo è giusto dare una risposta di giustizia nei tempi più rapidi e nel modo più efficace possibile». «Il nostro impegno, in questo senso – ha detto ancora il Procuratore di Castrovillari – è massimo.

Ci stiamo avvalendo, tra l’altro, delle migliori competenze tecniche che rappresentano il meglio di quanto possa offrire, in questo senso, la Calabria».

I reati ipotizzati sono omicidio colposo e lesioni colpose, inondazione colposa ed omissione di atti d’ufficio: sono i reati che vengono ipotizzati nelle informazioni di garanzia emesse dal Procuratore della Repubblica di Castrovillari, Eugenio Facciolla, nell’ambito dell’inchiesta sulla tragedia delle gole del torrente Raganello.

Pubblicato in Calabria

Il provvedimento è scaturito dalla verifica del progetto di taglio

Cosenza 14 luglio 2018 – Carabinieri Forestali dipendenti dal Gruppo di Cosenza hanno posto sotto sequestro due boschi di Pino d’Aleppo nel Comune di Amendolara (CS).

 

Il provvedimento ha interessato 40 ettari di pineta.

Nell’ambito di ben più vasta attività d’indagine coordinata dal Procuratore Capo di Castrovillari dott. Eugenio Facciolla, i militari hanno proceduto con rilievi in campo mirati alla verifica di alcuni progetti di taglio boschivo acquisiti presso l’ufficio della Regione Calabria che presiede all’istruttoria di tali pratiche e al rilascio delle autorizzazioni di taglio boschivo.

Nelle due superfici boscate anzidette, ora poste sotto sequestro e per le quali l’iter di rilascio dei provvedimenti autorizzativi non era ancora stato ultimato e né erano iniziate le operazioni di taglio, i Carabinieri Forestali hanno proceduto alla verifica dei dati progettuali riportati dal tecnico forestale autore dei due progetti, verificando come gli stessi non corrispondessero alla realtà delle superfici boscate.

Da qui i provvedimenti di sequestro dei due boschi, per finalità probatorie, convalidati dal P.M. di turno, mentre la posizione del dottore forestale autore dei due progetti è ora al vaglio della magistratura per le ipotesi di falsità ideologica in atto pubblico.

Pubblicato in Cosenza

Poste sotto sequestro numerose superfici boscate

Cosenza 15 maggio. Nell’ambito di un’attività d’indagine sugli incendi boschivi, in itinere da parte della Procura della Repubblica di Castrovillari, il Procuratore Capo Eugenio Facciolla e il Sostituto Proc. Flavio Serracchiani hanno emesso un provvedimento di sequestro che riguarda numerose superfici boscate interessate dai roghi della scorsa stagione estiva nel comprensorio dell’Alto Jonio Cosentino.

Il provvedimento, in fase di esecuzione, è stato già in parte eseguito dai Carabinieri Forestali e dai militari delle locali Stazioni Territoriali dell’Arma.

Nei giorni scorsi il provvedimento ha riguardato un bosco di Pino d’Aleppo in Comune di Amendolara, in Contrada Melazzi.

Il bosco sequestrato è stato interessato dalle fiamme nel luglio 2017 e il tempestivo intervento di volontari e dei proprietari ha consentito di evitare che l’evento si propagasse e interessasse una superficie boscata di oltre 2,5 ettari.

I Carabinieri Forestali delle Stazioni di Oriolo e Trebisacce, durante gli accertamenti, rivennero sul posto un ordigno utilizzato per innescare le fiamme.

Il provvedimento di sequestro è stato emesso per finalità probatorie, per impedire che possano essere apportate modifiche o manomissioni delle tracce e dei luoghi in cui si è consumato l’evento delittuoso.

Il sequestro odierno segue altri tre provvedimenti analoghi che hanno interessato nei giorni scorsi altre tre superfici boscate, per complessivi 37 ettari di pinete di Pino d’Aleppo, situate nel Comune di Albidona.

Infatti in località “Santappico” e “Fontana di Cristali”, sono state sequestrate due superfici boscate dove le fiamme, durate più di una settimana a ridosso di ferragosto dello scorso anno, hanno distrutto oltre 200 ettari di pinete di Pino d’Aleppo, mettendo a rischio l’incolumità di persone e strutture, tanto che si dovette procedere persino ad evacuare un locale dove era in atto un banchetto nuziale.

Anche in località “Torre di Albidona”, sempre in Comune di Albidona, è stato sequestrata una pineta di Pino d’Aleppo interessata il 25 luglio scorso da un incendio boschivo di matrice dolosa, che ha distrutto 7,5 ettari di bosco, mettendo a rischio anche una struttura l’agrituristica del posto.

In alcune delle superfici interessate dagli eventi delittuosi, al momento del sequestro, erano in atto operazioni riconducibili alla progettazione di tagli boschivi.

Pubblicato in Cosenza

I dispositivi pare siano stati installati con l’obiettivo di far cassa e non di evitare incidenti spesso mortali

Turisti, pendolari e residenti più volte hanno segnalato anomalie sugli autovelox della statale 106. Posti spesso sugli unici rettilinei in cui è possibile sorpassare in sicurezza.

Dispositivi apparentemente istallati, attraverso appalti affidati a ditte private, in malafede con l’unico obiettivo di far cassa. Sul caso ha indagato la Procura di Castrovillari a seguito di una denuncia anonima.

Il Tribunale di Castrovillari ieri ha rinviato al mese di maggio la prosecuzione del dibattimento a carico di sindaci e tecnici dell’Alto jonio cosentino accusati di non aver rispettato la normativa vigente nell’implementare gli autovelox.

Non solo perchè, come ripetutamente ribadito dagli automobilisti, i pannelli led che indicavano se il dispositivo fosse attivo o meno erano di regola spenti di giorno anche se le multe continuavano a fioccare.

C’è di più.

La segnaletica apposta in maniera scorretta non andava ad assecondare l’obiettivo di far rallentare le auto per evitare incidenti, ma induceva semplicemente l’automobilista in errore facendolo incorrere in ingiuste sanzioni.

Inoltre i contratti con cui la gestione degli autovelox è stata affidata a ditte private dai Comuni di Amendolara, Roseto Capo spulico, Rocca Imperiale e Montegiordano sarebbero per la pubblica accusa illeciti.

A risponderne saranno gli amministratori che erano in carica nel 2010: Mario Melfi, Francesco Belmonte, Matteo Fittipaldi, Domenico Brumacci, Giorgio Soria, Francesco Cosentino, Ottavio Chiappetta e Antonio Intorno.

Noi insistiamo.

Lo diciamo al procuratore , al Prefetto, ai parapolitici calabresi ed italiani

Volete risolvere il problema?

Volete risolvere queste porcherie e lasciare Giudici di Pace e Tribunali a giudicare ALTRE cose ?

E’ semplicissimo!

Basta dire per legge che i proventi delle contravvenzioni elevate dalla polizia municipale devono essere versati allo Stato che poi annualmente li distribuirà in proporzione alle strade comunali di TUTTI I COMUNI ITALIANI!

Così passerà la voglia di usare gli autovelox ed i photored come bancomat!

Pubblicato in Cosenza

La Procura di Castrovillari ha chiuso le indagini preliminari sulla vicenda relativa al taglio abusivo dei boschi a Bocchigliero.

L’inchiesta è nata a seguito delle denunce di Paolo Furgiuele, ex direttore generale dell’agenzia della Regione Calabria.

 

Ecco le nove le persone raggiunte dall’avviso di chiusura delle indagini

Gaetano Pignanelli, capo di Gabinetto del governatore Mario Oliverio.

Marino De Luca (titolare dell’omonima ditta boschiva),

Pio Del Giudice (dipendente di Calabria Verde con mansioni di responsabile del patrimonio boschivo),

Ivo Leonardo Filippelli (capo operaio di Calabria Verde),

Antonietta Caruso (responsabile dell’ufficio “Patrimonio e Servizi forestali” di Calabria Verde),

Leandro Savio (dirigente dell’agenzia regionale),

Gennarino Magnone (agrotecnico nominato dal dg Furgiuele),

Mario Caligiuri (capo struttura del dipartimento Agricoltura, Foreste e Forestazione della Regione)

Paolo Furgiuele.

Sempre Furgiuele, assieme a Savio, è indagato anche per il reato di turbativa d’asta.

A condurre questo primo filone di indagini gli uomini del Nipaf del Corpo forestale dello Stato e del comando stazione di Cava di Meli

Un secondo filone è in capo alla Procura di Catanzaro

L’imprenditore Marino De Luca era una presenza fissa negli uffici di Calabria Verde dove affermava –prima di presentare la richiesta di concessione – «di poter contare sull’appoggio del suo “compare” Gaetano Pignanelli, suo testimone di nozze».

La chiusura delle indagini è stata formata dalla pm Angela Continisio e dal procuratore capo Eugenio Facciolla

Secondo i magistrati – firmano il burocrate avrebbe sollecitato «più volte Leandro Savio (all’epoca dirigente di Calabria Verde, ndr) a istruire la prativa relativa al rilascio della concessione in favore di Marino De Luca, ancor prima che De Luca depositasse l’istanza di rilascio della concessione, rimproverando Savio per non averlo fatto prima».

È attorno al rilascio di queste concessioni che ruota il caso.

Gli indagati, secondo l’accusa, avrebbero prodotto un’attestazione falsa – al ribasso – della quantità di legna presente sul territorio di Bocchigliero.

Tutto per consentire l’affidamento diretto del taglio all’azienda di Marino De Luca, senza passare attraverso una procedura di evidenza pubblica.

Secondo i pm Pignanelli si sarebbe speso a favore della ditta due volte: prima sollecitando il rilascio della concessione, poi – dopo la sospensione delle concessioni, decisa dall’allora manager Furgiuele – convocando lo stesso Furgiuele e «intimandogli di revocare le sospensioni e indicando quale nuova responsabile dell’Ufficio 2 “Patrimonio e Servizi forestali” del distretto 5, Antonietta Caruso».

Pubblicato in Cosenza

Il cadavere di Yuriy Zinchenko era stato trovato domenica scorsa nel bagagliaio di un’auto ferma a Cariati (CS).

I fermati sono due donne ucraine, Iana Koshova e Liudmyla Popova, e un uomo lituano, Mihails Dimitriks.

Un altro uomo è al momento irreperibile.

Il procuratore di Castrovillari, Eugenio Facciolla, oggi ha partecipato alla conferenza stampa che si e’ tenuta nella sede del Comando provinciale dei carabinieri, a Cosenza ed ha dicharato.

“L’uomo è stato accoltellato e poi attinto da colpi di pistola, e l’omicidio è stato consumato da 4 persone, con ruoli diversi”.

“Tre persone sono state fermate, un uomo si è reso però irreperibile e pensiamo che il movente sia complesso e che attenga all’attività che svolgeva la vittima di introdurre nel nostro territorio persone di nazionalità straniera, percependo del denaro, che poi lui collocava come operai o badanti”.

Insomma ha concluso Facciolla “Siamo nel discorso delle truffe di falsi braccianti e del caporalato, di cui il territorio è purtroppo ricco, ed è facile fare soldi con questo sistema, grazie ad un sistema normativo che agevola questo tipo di truffe”.

Le indagini proseguono per accertare altre eventuali responsabilità.

“E’ stato un ottimo lavoro di squadra – ha detto Facciolla – dall'ufficio di Procura con il sostituto Luigi Spina a tutta l'Arma dei carabinieri.

Il risultato è stato possibile anche grazie al supporto tecnologico.

La vittima è stata accoltellata e poi sparata.

È stata usata una pistola sulla quale ci sono indagini”.

“Temevamo che anche gli altri potessero scappare – ha detto il sostituto Spina – ecco perché abbiamo emesso un provvedimento di fermo.

Abbiamo ricostruito la vita della vittima.

Il movente sarebbe legato alla sua attività: si sarebbe interessato di connazionali o altri stranieri come badanti o come braccianti agricoli.

Decisivo pure il contributo informativo di persone che sono state sentite.

È stato difficile rintracciare i fermati, come la Popova ritenuta l'anello più debole ma più significativo: ha deciso di collaborare perché non si fidava più di quelle persone.

Era diventata un testimone scomodo e temeva ritorsioni.

La Popova aveva avuto un rapporto con la vittima. Ci sono elementi che vanno approfonditi”.

Le indagini proseguono per accertare altre eventuali responsabilità.

Pubblicato in Cosenza

La Confartigianato dice che Calabria è la regione messa peggio del Paese.

Fa eco Gian Antonio Stella del Corriere della Sera con il suo articolo” Paletta e secchiello.

Per mettere in sicurezza la terra più esposta d’Italia al rischio idrogeologico, i «forestali» calabresi sono dotati degli strumenti di un bambino in spiaggia.

Basti dire che al suo arrivo, sei mesi fa, il nuovo commissario straordinario trovò un esercito di 5.887 uomini e tre ruspe.

Tre. Tutte tre fuori servizio.

Chiese una Panda: mancava l’assicurazione.

A dispetto di spese per circa duecento milioni. Nascoste in un bilancio intenzionalmente impenetrabile. Dieci volte più pesante di quello dei forestali del Veneto.

«Questa volta non ci saranno picchetti e occupazioni. Il governo Renzi, grazie al presidente Oliverio e alla delegazione parlamentare pd, ha inserito in legge di Stabilità 50 milioni per Lsu e 130 per i forestali!», esulta sul suo blog la deputata Enza Bruno Bossio.

«Avanti sulla strada dei diritti!». Quali?

Questo è il punto: i «diritti» dei dipendenti di «Calabria Verde» fondata nel 2013 per sistemare in un unico carrozzone i vecchi forestali dell’Afor, i riciclati delle comunità montane e gli addetti alla sorveglianza idraulica, passati dal part-time al tempo pieno con un raddoppio dei costi?

O i diritti dei cittadini italiani che si fanno carico di queste spese di assistenzialismo puro e ancor più dei cittadini calabresi ai quali dovrebbe esser garantita la possibilità di vivere senza l’incubo che al primo nubifragio venga giù tutto?

Sono 9.417 le frane censite che mettono a rischio quasi la metà del territorio.

Un quadro così allarmante da spingere mesi fa lo stesso Sergio Mattarella a ricordare quanto la Calabria abbia «sofferto speculazioni e incurie» nonché del «perverso connubio tra malaffare e cattiva amministrazione».

«Il dissesto idrogeologico», ammonì, «è causa di un impoverimento di risorse e di rischi per le popolazioni. Intervenire per ridurlo è opera di grande valore sociale».

Parole al vento. Anche l’ultimo conto consuntivo della società, nonostante la svolta tentata con la nomina a commissario di Aloisio Mariggiò, un generale dei carabinieri scelto per arginare le polemiche, mostra come solo una minima parte dei costi esorbitanti finisca nella gestione dell’azienda e oltre il 96% in stipendi.

Eppure, denuncia il geologo Mario Pileggi, i «2.587 interventi per un costo di un miliardo e duecento milioni ritenuti necessari» nel Piano di difesa del suolo del 2008–2009, sono stati portati a termine solo «in minima parte».

Ovvio: «Ci sono operai mandati a mettere in sicurezza una fiumara pericolosa senza un mezzo meccanico», sorride amaro il procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri. «Qualcuno si è portato il badile da casa. Si può risanare un territorio pericoloso senza una ruspa e con le vanghe portate da casa?».

O il forestale è un eroe e si spacca la schiena come gli antichi schiavi nubiani o si mette all’ombra e aspetta sera.

Dice tutto, sulle priorità della politica (niente grane coi forestali, al risanamento penseremo poi…) l’inchiesta aperta appunto dalla magistratura su 80 milioni di euro di Fesr (Fondi Europei Sviluppo Regionale) stanziati per contenere i rischi idrogeologici e usati invece per gli stipendi a quella massa abnorme di forestali.

Soldi che la Ue a questo punto non verserà più. Persi. Addio. Come la spieghi, agli europei e agli italiani, quella scelta? Come possono capire, gli «altri», una Regione con 5.887 forestali stabili (e va già meglio d’una volta quando lo stesso Giacomo Mancini, calabrese, li definì «una maledizione») contro i 277 (ventuno volte di meno) del Veneto, dove il costo (tutto compreso, anche i 347 «stagionali») è di 21 milioni netti contro i 185 per i soli stipendi «forestali»?

Un dettaglio?

Il tributarista Michele Mercuri, dell’UniCal, ride amaro dell’incasso 2014 per il «materiale legnoso» che doveva coprire un po’ i costi: 14.603 euro. «Sufficienti a coprire poco me meno dello 0,005% delle spese».

E il bello è che in questi stessi anni, come emerge dall’inchiesta a Castrovillari del giudice Eugenio Facciolla, c’è chi col legno ha fatto montagne di soldi.

Chiudendo contrattini da poche centinaia o migliaia di euro per la rimozione di legname caduto a terra per poi radere al suolo ettari ed ettari di alberi secolari con motoseghe, gru e camion rimorchi. Misfatti ecologici già denunciati da decenni. E da decenni combattuti a chiacchiere. Esattamente come l’antico vizio dei mammasantissima politici locali di usare forestali, ricattati con le clientele, per costruire o restaurare le proprie abitazioni.

Vizietto costato l’arresto a settembre a Paolo Furgiuele, che da direttore generale non solo aveva concorso a dirottare i soldi di cui dicevamo, ma per ristrutturare casa sua aveva usato gli operai di Calabria Verde e il parquet destinato agli uffici aziendali. Altra inchiesta parallela, con alcuni protagonisti già indagati per il dirottamento degli 80 milioni dalle opere idrogeologiche agli stipendi, quella su un appalto da 32 milioni di euro per l’acquisto (finalmente) di macchinari indispensabili per la guerra agli incendi.

Appalto finito «fuori tempo massimo» (sui responsabili decideranno i giudici) col solito risultato, raccontato sul Quotidiano della Calabria da Paolo Orofino: soldi perduti e buttati via.

E i camion, le autobotti, le attrezzature da comprare? Addio… «L’assoluta mancanza di mezzi meccanici adeguati e le limitazioni contrattuali previste per il personale impiegato nella sorveglianza idraulica, non hanno consentito di effettuare l’auspicato salto di qualità», accusa il commissario Aloisio Mariggiò nella relazione allegata al bilancio 2015.

Pubblicato in Calabria

Si conclude in Corte d’Assise a Cosenza, il giudizio di primo grado della maxi inchiesta antimafia denominata “Tela del Ragno”, istruita dal pubblico ministero Eugenio Facciolla. 

 

 

Quattordici le condanne (ben undici sono ergastoli) e cinque assoluzioni.

La Dda dopo un lungo ha così fatto luce su sette omicidi di ‘ndrangheta consumati sulla costa tirrenica cosentina nell’ambito di distinte guerre di mafia.

 

Sette gli omicidi, dal 1979 al 2004, sui quali si è tentato di far chiarezza.

Vere e proprie esecuzioni a mano armata che hanno portato alla scomparsa prematura di: Giovanni Serpa, Luigi Sicoli, Rolando Siciliano, Carmine Chianello, Salvatore Imbroinise alias Ciap Ciap, Luciano Martello ‘U biondo’ e Pietro Serpa.

Uccisioni che hanno modificato gli assetti dei clan che aspiravano al predominio nel territorio paolano: il gruppo dei Serpa insieme a Giancarlo Gravina, quello di Gennaro Ditto e Mario Scofano e infine quello composto da Giuseppe Lo Piano, Antonello La Rosa, Luciano e Mario Martello.

Il PM Eugenio Facciolla aveva chiesto 14 ergastoli (Giovanni Abbruzzese, Paolo Brillantino, Valerio Salvatore Crivello, Gennaro Ditto, Giancarlo Gravina, Giacomino Guido, Giuseppe Lo Piano, Mario Martello, Mario Mazza, Umile Micieli, Fabrizio Poddighe, Livio Serpa, Nella Serpa e Francesco Tundis), nonchè la condanna a 12 anni di carcere per i pentiti Vincenzo Dedato e Ulisse Serpa, e 15 anni per il collaboratore Giuliano Serpa.

 

Il Pm a luglio aveva chiesto l'assoluzione per Tommaso Gentile e Mario Matera.

Ed ecco le condanne e le assoluzioni

Giovanni Abbruzzese imputato per l’omicidio Martello. Richiesta pm: ergastolo. Condanna all’ergastolo.

Paolo Brillantino imputato per omicidi Chianello ed Imbroinise. Richiesta pm: ergastolo. Assolto.

Valerio Salvatore Crivello  imputato per l’omicidio di Pietro Serpa. Richiesta pm: ergastolo. Condanna all’ergastolo.

Gennaro Ditto imputato per omicidi Pietro Serpa ed Imbroinise. Richiesta pm: ergastolo. Condanna all’ergastolo.

Giancarlo Gravina imputato per l’omicidio Martello. Richiesta pm: ergastolo. Condanna all’ergastolo.

Giacomino Guido imputato per l’omicidio Sicoli. Richiesta pm: ergastolo. Condanna all’ergastolo.

Giuseppe Lo Piano imputato per l’omicidio Imbroinise. Richiesta pm: ergastolo. Condanna all’ergastolo.

Mario Martello imputato per l’omicidio Imbroinise. Richiesta pm: ergastolo. Condanna all’ergastolo.

Mario Mazza imputato per omicidi Siciliano e Martello. Richiesta pm: ergastolo. Condanna all’ergastolo.

Umile Micieli imputato per omicidio Martello. Richiesta pm: ergastolo. Condanna a 22 anni di detenzione.

Fabrizio Poddighe  imputato per omicidi Martello e Siciliano. Richiesta pm: ergastolo. Condanna all’ergastolo.

Livio Serpa imputato per omicidi Martello e Siciliano. Richiesta pm: ergastolo. Assolto.

Nella Serpa imputata per omicidi Martello e Siciliano. Richiesta pm: ergastolo. Condanna all’ergastolo.

Francesco Tundis imputato per omicidi Martello e Siciliano. Richiesta pm: ergastolo. Condanna all’ergastolo.

Vincenzo Dedato imputato per l’omicidio di Giovanni Serpa. Richiesta pm: 12 anni reclusione. Condanna a 11 anni di detenzione.

Ulisse Serpa imputato per l’omicidio Martello. Richiesta pm: 12 anni reclusione. Assolto.

Giuliano Serpa  imputato per omicidi Martello ed Imbroinise. Richiesta pm: 15 anni reclusione. Condanna a 14 anni di detenzione.

Tommaso Gentile imputato per l’omicidio Sicoli. Richiesta pm: assoluzione. Assolto.

Mario Matera  imputato per l’omicidio di Pietro Serpa. Richiesta pm: assoluzione. Assolto

Luca Bruni non luogo a procedere per intervenuto decesso

 

Ad Amantea, quindi, assoluzione per Tommaso Gentile, mentre Guido Giacomino ha preso il carcere a vita.

Ora il processo si avvia alle successive fasi giudiziali.

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