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Anche i più grandi comunicatori della storia hanno acquisito molta esperienza e tecniche per parlare in pubblico, perché il loro obiettivo era di convincere il proprio pubblico a compiere un’azione.

Parlare in pubblico può essere un’esigenza che si presenta improvvisamente per affrontare, per esempio, situazioni lavorative che sono legate all’incremento di alcune responsabilità lavorative. Un corso di public speaking (Massimiliano Cavallo è un esperto in tal senso) può essere indispensabile per raggiungere un obiettivo di miglioramento della propria proposta comunicativa.

“Parlare bene”, sapere esporre i concetti non solo in una maniera appropriata ma anche in un modo più empatico, mostrarsi sicuri durante uno speech di fronte a un pubblico, saper rendere i discorsi abbastanza persuasivi da poter indurre gli ascoltatori ad assecondare ciò che hai da dire, ciò che pensi.

Ecco, a cosa può servire un corso di public speaking appositamente strutturato. Saper elaborare una presentazione più efficace del proprio progetto, delle proprie idee e dei prodotti che proponi, deve essere uno dei tuoi principali obiettivi di crescita.

Per esempio, ti trovi nella situazione di dover gestire riunioni in maniera efficace, utilizzando specifiche tecniche di comunicazione, atte a incentivare la motivazione e l’informazione in maniera empatica. Capire come avviare, svolgere e terminare un discorso in pubblico sono le principali tematiche che vengono affrontate durante un corso di public speaking.

Potrai scoprire dome superare la paura di parlare in pubblico, come impostare nel modo giusto la tua voce, per poter coinvolgere i tuoi ascoltatori, anche utilizzando il linguaggio del corpo e le varie tecniche di persuasione.

Conoscere queste tecniche permette di parlare a diverse dimensioni di pubblico, perché ciò che conta è l’allenamento, affiancato all’esperienza nel tempo. Piccoli o grandi gruppi di interlocutori non saranno più un problema.

Quali sono i motivi che spingono a scegliere di frequentare un corso di public speaking

Superare la paura di parlare in pubblico è un dilemma di molti e ritrovarsi ad affrontare una situazione di ansia può avere serie ripercussioni sul futuro. Immagina a un discorso lavorativo non affrontato, oppure affrontato nel peggiore dei modi.

Imparare a comunicare in pubblico non è cosa semplice ed essere supportato da un docente può essere decisamente utile, per comprendere gli errori comunicativi e individuare la giusta modalità di azione, mediante l’applicazione di esercizi pratici.

Il tono della voce, le parole utilizzate, i gesti e le tecniche intraprese, sono tutti elementi studiati per superare l’ansia di parlare in pubblico.

Ognuno di noi vive questo “incubo” ma esiste un modo per superarlo e affrontarlo, infatti, sono molti i professionisti che scelgono di avviare un percorso che permetta loro di acquisire maggiore sicurezza nell’esposizione delle proprie idee in pubblico.

Una o più volte l’anno potrebbe capitare di doversi trovare davanti a una o più persone, intente ad ascoltare ciò che avrai da dire, pensa anche a una semplice riunione di lavoro. Non servono specifiche competenze per imparare a parlare in pubblico ma è necessaria la volontà di voler superare questo ostacolo.

Già, perché si parla di un vero e proprio ostacolo relazionale. Un ostacolo che non permette di parlare con scioltezza ed efficacia, talvolta l’emozione vince sulla razionalità, provocando blocchi emotivi e incapacità di gestire la situazione, quindi inizia a tremare la voce, iniziano a sudare le mani e il cervello “va in palla”.

Credi di saper gestire le tue emozioni durante un’esposizione in pubblico? Che tu sia un esperto o che non lo sia, ciò che conta è la tecnica, necessariamente dovrai approfondire questo aspetto per non rischiare di apparire improvvisato e poco professionale, o peggio ancora intimorito, con il conseguente effetto negativo anche sulla mente di chi ti ascolta.

Pubblicato in Italia

 

faxIl fax è uno di quegli strumenti in grado di accompagnarci nel corso degli anni grazie alle sue funzionalità imprescindibili. La sua invenzione risale al 1843 per mano di Alexander Bain e, da allora, nonostante lo scorrere del tempo e le nuove tecnologie, il fax fa ancora parte della nostra vita privata e lavorativa.

 

Grazie alle sue caratteristiche, infatti, molte aziende e attività come studi legali, laboratori medici o compagnie di fornitura di energia, non lo considerano un mezzo anacronistico ma, anzi, gli si affidano ancora come metodo sicuro ed efficiente per lo scambio di documenti. E anche molti utenti vi sono rimasti affezionati, per quell’aura di sicurezza che solo i supporti analogici sembrano avere.

 

Gli esperti della rete hanno dato nuova linfa al fax, tanto che una società che supporta i ristoranti di Rochester, in America, per le prenotazioni online, si è affidata ad un particolare service, un fornitore di fax virtuali basato sul cloud che consente di inviare documenti senza preoccuparsi di carta, toner e macchinari.

 

La scelta di tale aziende nasce dal fatto che un numero considerevole di esercenti che si affidano al loro servizio preferiscono avere ancora gli ordini dei clienti attraverso una tecnologia che sembrava in via d’estinzione.

 

In Giappone, paese avanzato tecnologicamente, il fax è un vero e proprio mostro sacro in quanto è ritenuto il sistema più pratico e veloce per inviare ideogrammi, sicuramente molto più rapido che digitarli su tastiera e spedirli da un computer. Non c’è dubbio che il fax sia stato un eccezionale risparmio di tempo per l’epoca; tuttavia, non può competere con i nostri standard odierni, che ci hanno abituato alla possibilità di inviare e ricevere su internet, piuttosto che tramite linee telefoniche convenzionali. La differenza è stupefacente. Anche se l’aumento della velocità non può essere drastico come fu per il passaggio dall’ufficio postale al fax tradizionale, è innegabile che i fax online rappresentino oggi l’onda da cavalcare per sostituire rapidamente i vecchi fax posti a far polvere sulle scrivanie del mondo.

 

Perché i lavoratori professionisti dovrebbero sbarazzarsi delle loro vecchie macchine? Per prima cosa, i fax sono pezzi di hardware. E, ovviamente, un hardware può rompersi o diventare obsoleto in qualsiasi momento, anche se si ha a disposizione una fantasia sufficiente per rimetterlo a posto o una macchina costosa con un buon numero di funzionalità. Con le applicazioni moderne non vi è alcun hardware di cui preoccuparsi, senza toner e carta da acquistare. Inviare un fax diventa dunque più facile, economico e possibile da più dispositivi (pc, smartphone e tablet).

 

Il secondo punto a favore, ma non in ordine di importanza, sta nel fatto che i fax richiedono normalmente una linea telefonica aggiuntiva. Perdere il fax, significherebbe dire addio al canone mensile per quella linea. In realtà, la questione assume un valore maggiore se si fa riferimento ai professionisti che lavorano da casa. Vivere in una famiglia in cui non si vuole o non si ha bisogno di un telefono fisso risulta di certo controproducente.

 

 

Pubblicato in Informatica e Tecnologia

marckConoscere la differenza tra inbound marketing e outbound marketing aiuta a orientarsi in un mondo in costante evoluzione e, soprattutto, a capire quale delle due strategie è meglio adottare per la propria impresa. Quando si parla di outbound marketing si fa riferimento a un marketing - per così dire - old style, che si compone, tra l'altro, della pubblicità sui giornali e sulle riviste, degli slot acquistati in radio delle direct mail e del telemarketing. Ma non è tutto: anche gli spot in tv e i cartelloni pubblicitari rientrano in questo meccanismo.

Quando e a che cosa può servire l'outbound marketing

Benché si tratti di un marketing in vecchio stile, l'outbound marketing non merita di essere considerato obsoleto o poco efficiente: è bene, però, valutare con attenzione il tipo di attività che si è interessati a pubblicizzare. Per esempio, c'è chi si lascia allettare dalle potenzialità degli spot in televisione, soprattutto per la loro capacità di raggiungere un gran numero di persone: è vero, ma è altrettanto vero che le pubblicità che passano sul piccolo schermo sono molto veloci, e possono essere colte solo per una manciata di secondi. Ecco perché è bene capire se il messaggio che si intende promuovere può essere apprezzato e compreso nel giro di così breve tempo. Oltre a ciò, non si può trascurare la componente economica: gli spot in tv costano, e non poco. Maggiore è l'audience che si intende raggiungere, più il prezzo sale. Senza arrivare agli estremi di una prima serata su un canale generalista, dove per uno spot si possono spendere anche decine di migliaia di euro ma avendo la certezza che lo stesso venga visualizzato da milioni di persone, non è detto che le piccole e medie imprese abbiano le risorse per arrivare in tv, o addirittura ai cartelloni pubblicitari.

Pop-up e direct mail

Più frequenti sono gli annunci che possono essere ritenuti "digital media friendly": il classico caso è quello dei pop-up proposti sui siti Internet. I pezzi di direct mail, d'altro canto, vanno presi con le pinze, così come le pubblicazioni su riviste di annunci: gli esperti considerano queste soluzioni poco efficaci, soprattutto perché spesso non vengono nemmeno lette e finiscono nel cestino senza essere prese in considerazione. 

Quando e a cosa può servire l'inbound marketing

L'inbound marketing, d'altro canto, include gli articoli pubblicati su riviste online, il ricorso al link building, l'utilizzo dei social media, i blog, l'e-mail marketing e la pubblicazione di video e di podcast. In pratica, si provvede alla realizzazione di contenuti digitali che sono destinati alla comunità e che hanno lo scopo di promuovere la conversazione. Le campagne di marketing virali sono una dimostrazione evidente delle strategie di marketing in entrata: possono essere sfruttate anche dalle aziende di piccole dimensioni che non vogliono affidarsi a società esterne per la promozione ma intendono occuparsene in autonomia. I costi sono, in genere, piuttosto contenuti: si può decidere di fare affidamento sull'inbound marketing anche per mettere alla prova un prodotto nuovo o per testare un servizio da poco lanciato sul mercato.

Pubblicato in Economia e Finanza

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Una delle cose più difficili da misurare per chi si occupa di marketing sono i ritorni di investimento. Grazie al Performance Marketing è possibile analizzare i risultati delle attività pubblicitarie sulla rete, i dati statistici come ROI (Return on investment) e KPI (Key Performance Indicators) sono fondamentali per capire l'andamento di una campagna, per allocare le risorse a disposizione e per comprendere se stiamo avendo successo oppure no. Quali sono le metriche che i marketer usano di più per una valutazione del genere? Se lo è chiesto Allocadia che ha messo in piedi un sondaggio intervistando 200 marketer europei e nordamericani.

 

Metriche più utilizzate

di seguito trovate le tre tipologie di metriche più usate dai professionisti del settore

  • il 57% dei marketer intervistati ha detto di basarsi sulle activity based metrics, ovvero le attività che compiono gli utenti in una specifica campagna o in una ads. Ad esempio i click generati, i like, le visite, le condivisoni. Insomma le iterazioni complessive. Una metrica che da sola non vale moltissimo, ma fa capire il trend.
  • a seguire, il 48%, ha affermato di utilizzare le  marketing funnel metrics, ovvero le metriche strettamente collegate ai funnel di conversione di una campagna Il funnel, parola derivata da "tunnel", è un qualcosa che guida ed indirizza gli utenti a compiere un'azione. Una richiesta, l'inserimento di una mail o di un numero di telefono, un acquisto. oppure la compilazione di form che richiede l'inserimento di dati sensibili come indirizzo, posta elettronica o contatto telefonico.
  • al terzo posto, il 47% dei marketer, ha affermato di prendere in considerazione il contributo del marketing al business. Ovvero si controllano tutti quegli indicatori che definiscono in maniera univoca il ROI di una campagna, in termini di guadagni o vendite.

 

Strumenti

purtroppo poco più della metà delle aziende, il 55% , ha affermato di poter condurre report solo sulle campagne di marketing passate, mentre il 13% di queste addirittura non ha accesso alle fonti per attingere a dati rilevanti e non conduce report integrati. In pratica è solo il 5% che è in grado di utilizzare modelli avanzati di analisi ad ogni livello aziendale. Per quel che riguarda gli strumenti informatici usati la piattaforma principe è EXCEL, l'82% dei marketer lo usa, A seguire, con il 61% da PowerPoint.

Lacune anche per quel che riguarda la pianificazione degli investimenti in marketing. Il 39% ha ammesso di non usare strumenti che siano considerati adeguati, mentre il 29% usa solamente Excel e Power Point. Si tratta di un problema "culturale aziendale". A disposizione degli specialisti ci sono molti tool di analisi, ma manca la volontà di resettare abitudini conclamate nel tempo.

L'individuazione dei KPI su cui puntare le modalità di misurazione e monitoraggio di una campagna di Visibilità è certamente una delle sfide più complesse che ogni specialista deve affrontare, non solo perché strettamente connessa alla valutazione dell’efficacia degli investimenti, ma anche perché costituiscono un prezioso riferimento per l'allocazione del budget futuro. Sul mercato la concorrenza aumenta sempre di più, l'arena dei social si fa complessa e variegata, bisogna essere attenti e stare sempre alla finestra, il mondo della tecnologia online cambia infatti alla velocità della luce.

Pubblicato in Economia e Finanza

Albert Einstein: “Temo il giorno in cui la tecnologia andrà oltre la nostra umanità: il mondo sarà popolato allora da una generazione di idioti”.

NON SARA’ CHE QUEL GIORNO E’ GIA’ ARRIVATO?

La intelligenza di Einstein è poco nota. E così per farvela intuire, in particolare in relazione con il dubbio esposto sopra, vi segnalo questo fatto realmente occorso

Un giorno, un professore ateo sfidò i suoi alunni, chiese: “Dio ha fatto tutto ciò che esiste?”

Uno studente rispose coraggiosamente: “si l’ha fatto”

“Proprio tutto?” chiese il professore. “si proprio tutto” rispose lo studente

“Allora Dio ha fatto anche il male giusto?” rispose il professore “Perché il male esiste….”

Lo studente non seppe rispondere e restò in silenzio. Il professore era visibilmente soddisfatto di aver provato ancora una volta che la fede era un mito.

All’improvviso un altro studente alzò la mano e chiese: “Posso farle una domanda professore?” “Certamente” gli rispose il professore

“Il freddo esiste?” “E’ chiaro che esiste” rispose il professore “Non hai mai sentito freddo?”

“In realtà professore il freddo non esiste, secondo le leggi della Fisica, ciò che noi consideriamo freddo nella realtà è assenza di calore. Un oggetto può essere studiato solo quando ha e trasmette energia, ed è il calore che fa in modo che tale corpo ha e trasmette energia. Lo zero assoluto è l’assenza totale e assoluta del calore, tutti i corpi rimangono inerti, incapaci di reagire. Ma il freddo non esiste. Noi abbiamo creato questo termine per descrivere come ci sentiamo quando ci manca il calore”

“E l’oscurità?” continuò lo studente “Esiste” rispose il professore

“Di nuovo, professore, si inganna: l’oscurità è l’assenza totale di luce. Possiamo studiare la luce, ma non l’oscurità il prisma di Newton scompone la luce bianca nei suoi vari colori, secondo la lunghezza d’onda”

E infine lo studente chiese: “E il male, professore, esiste il male? Dio non creò il male. Il male è l’assenza di Dio nei cuori delle persone. L’assenza dell’amore, dell’umanità e della fede. L’amore e la fede sono come il calore e la luce, la loro assenza produce il male”
Questa volta era il professore che restò in silenzio.


Il nome dello studente? Albert Einstein

Andate su: http://lilla1979.wordpress.com/2012/11/05/e-arrivato-il-giorno-previsto-da-einstein-%C2%85%C2%85/

Pubblicato in Mondo
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