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La polizia ha arrestato, tra giovedì e venerdì, un 19enne lituano ed un 23enne albanese per detenzione di sostanza stupefacente ai fini di spaccio.

Nel primo intervento, in via Capri, gli agenti durante l’attività di controllo del territorio hanno notato un sospetto via vai da un appartamento.

 

 

 

 

 

Gli agenti hanno così deciso di entrare nella casa trovando il 19enne intento a confezionare le singole dosi di droga.

Infatti gli sono stati sequestrati 935 grammi di marijuana, 23 grammi di hashish, un bilancino di precisione, materiale per il confezionamento di dosi e 1600 euro in banconote di piccolo taglio.

Anche nel secondo intervento, gli agenti sono entrati in un appartamento di via Longo ed hanno beccato il 23enne albanese in possesso di 870,60 grammi di hashish, pronti alla vendita al dettaglio.

Entrambi i pusher, con svariati precedenti di polizia, sono stati arrestati; fissate per stamattina le udienze per direttissima.

Pubblicato in Mondo

Una brutalità senza precedenti, quella che si è ritrovato a subire a Viareggio un poliziotto che, nell’esercizio del sue funzioni – e cioè mentre in borghese stava svolgendo un’operazione contro lo spaccio – è stato ferocemente aggredito da un presunto pusher nordafricano che l’ha ridotto in gravi condizioni.

L’agente, ricoverato con prognosi riservata dopo un delicato intervento chirurgico eseguito d’urgenza, è stato colpito dallo straniero con un violento colpo alla testa inferto con un oggetto contundente, un’aggressione particolarmente violenta che ha provocato alla vittima diverse fratture al cranio.

Durante un controllo anti-droga nordafricano colpisce brutalmente un agente alla testa

Secondo quanto riferito dal sito de Il Giornale nel dare la notizia dell’efferato episodio di cronaca registrato nei pressi di Lucca, «era tarda sera quando l’agente di 28 anni, in borghese, si ritrova nei pressi della Pineta di Ponente di Viareggio.

È il parco centrale della cittadina della Versilia, un luogo che – come altri giardini urbani – la sera si trasforma in una centrale di spaccio».

E allora, è lì, in quel microcosmo intestato a droga e criminalità che il poliziotto, che non era in divisa, ha intercettato il presunto pusher nordafricano che, alla richiesta di un semplice controllo, ha cominciato a dare in escandescenze, facendo improvvisamente degenerare la situazione, trasformatasi in breve in una brutale aggressione.

Il presunto spacciatore, infatti, ha immediatamente colpito l’agente alla testa con un oggetto contundente – ancora non è chiaro se una bottiglia, una pietra, un mattone – che gli ha provocato le gravi fratture al cranio.

L’agente ha riportato un’emorragia cerebrale e fratture del cranio: operato d’urgenza

Soccorso poco dopo dal 118, il poliziotto è stato trasportato immediatamente all’ospedale Versilia, dove i medici che l’hanno ricoverato hanno subito riscontrato una emorragia cerebrale e fratture del cranio.

Per questo la vittima della brutale aggressione è stato tempestivamente trasferito d’urgenza al reparto di neurochirurgia dell’ospedale di Livorno dove, come spiega sempre il quotidiano milanese diretto da Sallusti, nella notte, «è stato sottoposto ad un delicato intervento chirurgico per la ricomposizione della frattura frontale e ora, nonostante il ricovero, non dovrebbe essere in pericolo di vita.

Ma i medici per sciogliere la prognosi attendono le prossime 48 ore per valutare il decorso post operatorio». Intanto nelle scorse ore il prefetto di Lucca, Laura Simonetti, e il questore di Lucca, Vito Montaruli, sono andati a fargli visita e ad augurargli una pronta guarigione

Pubblicato in Italia

Droga, maxi operazione della polizia: smantellata la centrale dello spaccio alla Fortezza da Basso

"Era un vero e proprio supermarket dello spaccio, dopo mesi di appostamenti, controlli con telecamere nascoste e operazioni sotto copertura,

 

siamo riusciti ad arrestare 26 persone, prevalentemente di nazionalità nigeriana", così il procuratore della Repubblica Giuseppe Creazzo ha parlato della maxi-operazione della polizia di Firenze che ha smantellato il traffico di droga nei giardini della Fortezza.

Il capo di accusa per alcuni arrestati è l'associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti. "Era una organizzazione rodata e strutturata, avevano sentinelle che avvertivano dell'eventuale arrivo delle forze dell'ordine, nascondevano le sostanze in luoghi specifici dei giardini della Fortezza, chi cedeva la droga poi non era la stessa persona che ritirava il denaro", ha spiegato la polizia.

La morte di una giovane donna per overdose da eroina, ha spinto le forze dell'ordine ad indagare più a fondo e costruire una indagine approfondita in modo da risalire ai responsabili e studiare capi d'imputazione che fossero più consistenti rispetto al 'semplice' spaccio.

L'operazione ha coinvolto anche la polizia scientifica di Roma che si è occupata di posizionare le telecamere nascoste. Le immagini delle telecamere nascoste

La svolta nelle indagini è avvenuta sabato corso. Un agente sotto copertura si è finto interessato a comprare una grossa partita di eroina (mezzo chilo), chiedendola allo spacciatore ritenuto essere uno dei principali responsabili dell'organizzazione criminale. Il finto tossicodipendente e lo spacciatore, nigeriano del 1986 residente in provincia di Firenze, si sono dati appuntamento nel parcheggio scambiatore di Villa Costanza a Scandicci. Qui sono scattate le manette per il nigeriano e altri tre connazionali. La polizia ha sequestrato tutta la droga. 

La maggioranza degli arresti sono avvenuti ieri. Alcune persone sono state ammanettate all'interno dei centri d'accoglienza in cui erano domiciliati, qui gli agenti della polizia hanno trovato droga pronta per essere venduta. In particolare dieci uomini di nazionalità nigeriana, tutti tra i 25 e 35 anni, risultavano domiciliati in alcuni centri d'accoglienza di Firenze e provincia. Tra gli arrestati anche due marocchini.

Tuti gli arrestati si trovano nel carcere di Solliciano e stanno attendendo la decisione del GIP in merito alla convalida dell'arresto.

"Ringrazio le forze dell'ordine per i 26 spacciatori arrestati a Firenze. È evidente il cambio di passo sollecitato dal governo. Conto che la magistratura aiuti in questo percorso di legalità", è stato il commento del ministro dell'Interno Matteo Salvini.

daFirenzetoday

Pubblicato in Italia

Omicidio Piperno, a Nicotera un 12enne spacciava col nonno

Dall’inchiesta sull’uccisione del 34enne emerge il contesto in cui avveniva lo spaccio di stupefacenti nel paese del Vibonese.

 

 

Eloquenti anche le conversazioni tra i parenti di Ezio e Francesco Perfidio, padre e figlio arrestati per il delitto: «Secondo me hanno fatto “l’africa”»

Nicotera. È una storia sbagliata quella di Stefano Piperno. Una storia tragica, finita nel modo più atroce. Laureato in Lettere, impiegato in un progetto di alfabetizzazione in un Cas per migranti a Nicotera, il 34enne era affetto da bipolarismo e per questo assumeva quotidianamente degli psicofarmaci. Ma da tempo Stefano era anche vittima della dipendenza da cocaina. Le persone a lui care lo sapevano e avevano tentato in ogni modo di tirarlo fuori da certi giri. Si era indebitato spesso con gli spacciatori e i suoi genitori lo avevano convinto a farsi accreditare lo stipendio su un conto corrente cointestato. Più volte erano stati costretti a coprire alcuni di quei debiti consegnandogli somme comprese tra i 200 e i 400 euro che, secondo i suoi stessi genitori, avrebbe dovuto corrispondere a Francesco Perfidio, alias “Carrozza”. Un paio d’anni fa avevano anche telefonato a quell’uomo – 58 anni, precedenti per droga, accusato di aver concorso con il figlio Ezio all’omicidio di Stefano – invitandolo a non fornire più droga al figlio. E anche la mattina del 20 giugno, quando di Stefano non si avevano notizie da poco meno di 24 ore, erano andati a casa di “Carrozza” nella frazione Preitoni e avevano citofonato più volte, ma senza ottenere risposta. Nei giorni precedenti Stefano aveva chiesto denaro con insistenza: non grosse somme, si parla di 140 euro, ma le motivazioni con cui aveva avanzato le richieste erano poco credibili agli occhi dei genitori. Anche la mattina del giorno della scomparsa aveva chiesto soldi a una sua amica. Poi il giorno dopo (20 giugno), nella tarda mattinata, sarebbe stato ritrovato cadavere proprio a Preitoni, a due km dalla casa dei Perfidio, sul sedile passeggero della sua Punto carbonizzata. Un vicino di casa ha raccontato ai carabinieri che Stefano si faceva vedere da quelle parti anche due o tre volte alla settimana. Andava dai Perfidio, secondo gli inquirenti, a comprare cocaina o marijuana, e proprio lì stando alle ipotesi investigative sarebbe stato ucciso da Ezio con una fucilata al torace.

«SECONDO ME HANNO FATTO “L’AFRICA”» I carabinieri di Nicotera, Tropea e Vibo, coordinati dalla Procura guidata da Bruno Giordano – titolare del fascicolo è il sostituto Filomena Aliberti – hanno chiuso il cerchio attorno ai presunti responsabili dopo due mesi di indagini e riscontri incrociati su filmati e tabulati telefonici. Ma determinanti si sono rivelate anche le conversazioni carpite ai vari componenti della famiglia Perfidio nelle fasi successive al delitto. A cominciare dai dialoghi intercettati tra padre e figlio dopo essere stati convocati in caserma e dopo aver incontrato il loro avvocato. «Va studiata bene… non come dice lui…», dice Franco riferendosi probabilmente alla strategia difensiva da adottare. «In questo modo… “ci appizzi i penne puru tu”», risponde il figlio Ezio. Quest’ultimo aggiunge: «Tu come cazzo lo hai portato là… seduto… guidavi tu? (…) l’avevi già ammazzato?». Ma è un altro il passaggio più eloquente: «Ma mannaggia chi ti ha comandato…», è la domanda retorica che Franco fa al figlio, come per dire «chi te lo ha fatto fare?». Ed Ezio risponde «lo so… lo so…».

Stando a quanto emerge dall’ordinanza vergata dal gip di Vibo Graziamaria Monaco potrebbe essere stato un omicidio di impulso. Le intercettazioni restituiscono un clima di forte tensione anche tra gli stessi familiari che provano goffamente ad accordarsi per non rendere versioni contraddittorie agli inquirenti. Diversi di loro però finiscono per accusare inconsapevolmente Ezio – «u mazzau», «u cuppau» – e di lui dicono anche che «beve dalla mattina alla sera». Gli stessi parenti, intercettati, dicono che «ad un certo punto… (incomprensibile)… è successo un bordello», «tutto in un secondo», «secondo me hanno fatto “l’africa”», «perché era ubriaco marcio», «ci minò drittu… u mu su levanu» («lo ha affrontato in maniera diretta per portarselo via/ammazzare», traducono gli inquirenti).

PUSHER A 12 ANNI Agli inquirenti è apparso «verosimile» sin dalle prime indagini che l’omicidio fosse maturato in un contesto di spaccio di stupefacenti. Un contesto paesano ma comunque pieno di ombre, in cui può capitare anche che, stando alle ricostruzioni degli inquirenti, nonno e nipote si occupino insieme della vendita al dettaglio degli stupefacenti. È il caso di Francesco Perfidio – indagato anche per possesso di marijuana ai fini di spaccio – e di uno dei suoi nipoti, intercettati mentre si recano in un fossato sulla strada provinciale 23 per prelevare della marijuana – indicata come «insalata» – da cedere subito dopo a un terzo soggetto. Nell’ordinanza del gip vengono riportate alcune conversazioni tra i due: «Nonno il marsupio…», «ce ne andiamo? (si sentono rumori di buste di plastica…) nonno aspetta che viene una macchina…». Il nipote di Franco Perfidio è nato nel 2006, ha solo 12 anni.

DaIlCorrieredellaCalabria Sergio Pelaia

Pubblicato in Vibo Valentia

I Carabinieri della Compagnia di Paola,Nucleo Operativo e Radiomobile e Stazione principale, coordinati dal capitano Giordano Tognoni, hanno tratto in arresto un 39enne ed un 37enne di Paola, noti alle forze dell’ordine, con l’accusa di detenzione di sostanze stupefacenti a fini di spaccio. 

Troppa gente, senza orari, andava e veniva da alcune abitazioni poste al centro della città di San Francesco.

Un via vai che non è passato inosservato ai paolani, nè tanto meno ai carabinieri della compagnia di Paola, i militari del nucleo operativo e radiomobile e della stazione principale, diretta dal capitano Tognoni che hanno avviato una serie di indagini per capire cosa in realtà si celasse dietro questo flusso consistente di gente.

Le investigazioni hanno portato a scoprire lo spaccio di droga che con molta tranquillità due persone,  un 39enne ed un 37 enne noti alle forze dell’ordine, portavano avanti da tempo come una normale attività.

I due sono finiti in manette con l’accusa di detenzione di sostanze stupefacenti a fini di spaccio.

Un risultato ottenuto grazie alle direttive del Comandante Provinciale dei Carabinieri, Tenente Colonnello Piero Sutera, sotto il costante coordinamento della Procura della Repubblica, diretta dal Procuratore Pierpaolo Bruni che hanno dato impulso alle attività di repressione allo spaccio di stupefacente

I militari hanno proceduto alla perquisizione di due appartamenti nella contemporanea disponibilità di un 39enne ed un 37enne di Paola, comprese le rispettive pertinenze.

Le operazioni di perquisizione condotte nelle due abitazioni hanno consentito di portare alla luce un cospicuo quantitativo di sostanze stupefacenti e da taglio: 150 grammi di marijuana, contenuti in una busta di plastica sottovuoto; un grammo di cocaina ed una trentina di grammi di lidocaina. Posti sotto sequestro anche 1.050,00 euro in banconote di piccolo e medio taglio; numerosi bilancini di precisione; un macchinario per il sottovuoto ed altro materiale destinato al confezionamento.

Le analisi condotte con celerità dal Laboratorio analisi sostanze stupefacenti dell’Arma dei Carabinieri hanno permesso di accertare che dal quantitativo di sostanza stupefacente sequestrata, sulla base del principio attivo contenuto nello stesso, avrebbero potuto essere ricavate circa 950 dosi da destinare alla vendita al dettaglio.

Gli arrestati, terminate le formalità di rito, su disposizione del Sostituto Procuratore di turno presso la Procura della Repubblica di Paola, coordinata dal Procuratore Pierpaolo Bruni, sono stati tradotti in regime di arresti domiciliari presso le rispettive residenze, a disposizione dell’Autorità giudiziaria.

Pubblicato in Paola

E potrei continuare:

Ed ora l’assassino della giovane ragazza potrebbe tornare subito in libertà.

Ma andiamo con ordine.

Due casi di cronaca nera che hanno sconvolto la vita degli italiani di cui se ne parla ancora e che hanno attirato le attenzioni dei politici e dei media nazionali perché cruenti e secondo alcuni uomini di sinistra odiosi e razzisti.(Vedi il caso Traini che spara agli immigrati).

Alcuni giorni orsono hanno trovato due trolley abbandonati in un fossato nelle campagne di Pollenza vicino a Macerata dove c’erano i resti di una bella fanciulla romana di 18 anni, Pamela Mastropietro, ( nella foto) che era scappata da una comunità di recupero “Pars di Corridonia”.

I Carabinieri, visionando le telecamere del luogo, hanno subito arrestato un giovane immigrato nigeriano col permesso di soggiorno scaduto e nella sua abitazione subito dopo perquisita una mannaia insanguinata, grossi coltelli da cucina e gli indumenti della ragazza sporchi di sangue.

Gli stessi indumenti che la ragazza indossava nel momento di allontanamento dalla Comunità.

Il nigeriano, fino ad oggi, non ha ammesso nessuno degli addebiti che il Magistrato gli ha contestato.

Lui nega di avere ucciso la povera ragazza, di averla squartata e di avere poi occultato il cadavere. Ha ammesso, però, che si era incontrato con la ragazza, di averla accompagnata in farmacia dove la ragazza avrebbe comprato una siringa e poi condotta a casa sua.

Qui, secondo il suo racconto che non ha convinto neppure il Magistrato, la ragazza ha avuto una crisi di overdose e lui, per paura, è scappato.

Come scappato!

Allora con lui c’erano altre persone.

Ma ora noi ci domandiamo: Chi ha ucciso davvero la giovane fanciulla romana?

Come è morta? E’ stata una overdose di droga o tagliata male a ucciderla?

A questi inquietanti interrogativi dovranno rispondere gli inquirenti, perché non solo la madre e il papà della ragazza, ma anche noi, vorremmo sapere la verità.

Per saperne di più bisognerà attendere i responsi degli esami tossicologici.

Intanto I Carabinieri del RIS e la Procura di Macerata stanno esaminando i movimenti del nigeriano e il percorso fatto dalla ragazza da Corridonia a Macerata.

Come è arrivata a Macerata?

Chi ha incontrato?

Chi le ha fornito la droga che secondo il nigeriano l’ha uccisa?

Si è saputo che un maceratese quella sera del 29 gennaio le abbia dato un passaggio in macchina fino a Macerata lasciandola presso la stazione ferroviaria.

Per ora, ma solo per ora, il nigeriano resta in carcere, però potrebbe presto essere liberato perché è accusato soltanto di vilipendio e occultamento di cadavere.

L’indagato non è stato ancora liberato soltanto perché non sono riusciti a trovare un domicilio idoneo.

Speriamo che non lo trovino perché la sua vita è in pericolo visti i precedenti di Traini che ha seminato terrore per le vie di Macerata accanendosi a sparare colpi di pistola contro persone dalla pelle nera, perché voleva vendicare l’assassinio della ragazza romana.

Scenario inquietante, amici miei carissimi.

Pamela, questa bella ragazza di 18 anni che ha fatto quella brutta e indescrivibile orrenda fine viene uccisa e fatta a pezzi ancora una volta dalla giustizia italiana.

Quel nigeriano merita l’ergastolo, non gli arresti domiciliari!

Deve marcire nelle patrie galere e di stare molto attento perché in carcere potrebbe fare una brutta fine.

Non ci sono attenuanti.

Pamela è stata fatta a pezzi e nascosta in due trolley, ma il nigeriano voleva fare dell’altro: voleva scioglierla nell’acido, ma il piano fallì.

E i giudici che fanno?

Discutono su chi ha fornito la droga: Chi è stato il pusher?

Se il nigeriano venisse davvero scarcerato andrebbe incontro davvero ad una brutta fine e il malessere che purtroppo si è immediatamente diffuso in tutta Italia ci porterebbe ad estreme conseguenze.

La gente si ribellerebbe, potrebbero scoppiare tafferugli e rivolte con spargimento di sangue.

E le elezioni sono alle porte.

E la triste fine della ragazza e il ferimento di sei nord africani sono stati subito strumentalizzati dai politici di casa nostra, che non avendo altri argomenti cercano di sfruttare la situazione a loro vantaggio.

Pubblicato in Italia

Domenica 4 febbraio i Carabinieri di Belvedere Marittimo arrestano un giovane belvederese per spaccio di sostanze stupefacenti

L’arresto era intervenuto dopo una complessa attività di indagini

 

A seguito della stessa indagine , nell’abitazione, venivano rinvenuti, circa 70 grammi di marijuana.

Durante la perquisizione a casa, è stata rinvenuto e sequestrato anche un bilancino di precisione.

Il giovane, su disposizione del pm di turno, dottoressa Fasano, era stato posto ai domiciliari.

Stamattina, l’udienza di convalida dell’arresto e il giudizio per direttissima dell’ arrestato.

Il giovane indagato era difeso dall’avvocato Francesco Liserre

Il difensore stamattina presso il Tribunale, a Paola, davanti al giudice monocratico Putaturo il PM ha chiesto l’applicazione  della misura cautelare domiciliare.

Il giudice, dopo una lunga camera di consiglio, pur convalidando l’arresto, ha accolto le argomentazioni difensive dell’avvocato Francesco Liserre, ed ha disposto sia l’immediata liberazione dell’indagato sia la misura meno afflittiva dell’ obbligo di firma.

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Pubblicato in Alto Tirreno

Non si è spenta l’eco delle operazioni di polizia che ha permesso l’arresto di diversi profughi trovati in possesso di marijuana ed eccone un’altra con una droga di maggiore pericolosità.

 

Per fortuna non si ferma l’azione di controllo del territorio da parte dei carabinieri di Amantea.

Affatto.

 

Anche oggi, a conclusione di una intensa e continuata azione di indagine, è stato fermato un pusher minorenne che trasportava un mezzo panetto di hashish.

Non più, quindi, soltanto marijuana!

E chissà cos’altro circola per questa cittadina dove tutto sembra normale, dove i genitori sicuramente disconoscono i problemi di dipendenza dei propri figli e poi se li trovano in caserma o come nel caso in tribunale.

Una situazione che impone una ben maggiore attenzione da parte della scuola, delle parrocchie, delle associazioni, della società civile, del sistema sanitario, dell’amministrazione comunale, intesa come espressione della politica, parte della quale pensa di risolvere il problema depenalizzando il consumo della marjuana.

 

Una situazione nella quale i carabinieri di Amantea si trovano soli a condurre una lotta a difesa della legalità.

Una situazione gravissima se si riflette sul fatto che per lo spaccio ed il pusheraggio si usano profughi e minori, cioè le persone più fragili, magari usandoli , questi ultimi, dopo che sono diventati consumatori abituali.

Ora il tribunale dei minori dovrà trattare il caso e certamente il procuratore non mancherà di tentare di accertare da dove giungesse l’hashish, chi governasse il giovane pusher e tanto altro per scoperchiare una situazione che in tanti negano esista o negano abbia raggiunto un livello fortemente espressivo e pericoloso.

Ovviamente all’Arma i complimenti della società civile amanteana.

Parco della GrottaDa poco abbiamo parlato dei danni ai giochini fatti da giovinastri che abbiamo definito “probabilmente ubriachi, o su di lì”, adesso si apprende la notizia che un giovane 25enne disoccupato è stato trovato in possesso di cun borsello con diverse dosi di marijuana, circa 43 grammi, ed è finito in manette

Ed il quel “su di lì”, c’era il rischio che il parco fosse ben altro che un luogo di incontro di mamme e bambini e del quale si era chiesto la chiusura ed il controllo.

E la prova l’hanno data i carabinieri quando sono giunti nel parco senza lampeggianti e senza sirene ed a piedi, silenziosamente, sono entrati, notando un gruppo di ragazzi che si erano appartati in una zona poco illuminata e che appena li hanno visti sono scappati in tutte le direzioni.

I Carabinieri però sono riusciti a fermarli e ad identificarli.

Uno di loro tale M.V. ha tentato di disfarsi di un borsello che aveva al suo interno diversi involucri di cellophane contenente marijuana.

Successive indagini hanno permesso di rinvenire in una struttura alberghiera amanteana altra droga oltre a strumenti per la suddivisione ed il confezionamento.

Circa 43 grammi in tutto.

La stranezza è che M.V. è un venticinquenne disoccupato, pregiudicato per detenzione ai fini di spaccio di droga.

Conseguente l’arresto e l’invio nella casa Circondariale di Paola.

L’altra stranezza è che il giovane viene da Gioiosa Marina.

Ma come, ci è stato chiesto, gli spacciatori ora vengono dallo Ionio?

E pensare che un paio d’anni fa l’interessante incontro promosso dall’Associazione Prospettive e dal Cerdigi (Centro Ricerca sul Disagio Giovanile) del Dipartimento di Sociologia e Scienza Politica dell’Università della Calabria, svoltosi presso l’Auditorium delle Scuole Medie di Amantea sul tema “Giovani in Calabria” aveva illustrato una parte dei dati disponibili per il territorio di Amantea, comparati con quelli dell’intera regione, segnalando forti aspetti di criticità, sfociabili in un vero e proprio allarme sociale, ed in particolare, fra i giovanissimi, il consumo di droga e alcolici.

Dati rilevati dalle risposte anche a domande indirette poste in un apposito questionario.

Anche allora lo spaccio avveniva da parte di pusher provenienti da Gioiosa marina?

Su tale anomala presenza dopo la fine della stagione sono in corso indagini

Nessuna informazione invece sulle generalità degli acquirenti che erano presenti nel parco al momento del controllo da parte dei Carabinieri della locale stazione.

Parliamo della operazione “Hammer”.

Un operazione nella quale 28 persone avevano ricevuto l’avviso di chiusura indagini.

Gente di Fuscaldo, Paola, Cetraro ed uno solo di Gizzeria.

In gran parte spacciatori e pusher, per lo più vecchie conoscenze delle forze dell’ordine, ma anche professionisti della zona, gente insospettabile, che compravano droga per uso personale e per rivenderla a loro volta.

Tutti gli imputati sono stati rinviati ieri a giudizio dal Gup del Tribunale di Paola, Pierpaolo Bortone.

Il reato è a vario titolo la produzione, il traffico e la detenzione illeciti di stupefacenti, ma anche detenzione d’armi ed estorsione.

Alcuni di essi si sarebbero fatti consegnare con la forza l’auto di un giovane dopo averlo minacciato, quale corrispettivo di un debito non pagato.

I fatti risalgono agli anni tra il 2008 e il 2010.

La prima udienza del dibattimento si celebrerà il 25 marzo del 2015.

Ed ecco l'elenco dei rinviati a giudizio:

Mario Scorza (26) di Cetraro,

Agostino Iacovo (28) di Cetraro,

Francesco Ferrara (29 anni) di Fuscaldo,

Angelo Russo (50) di Fuscaldo,

Alessio Martello (24) di Fuscaldo,

Giuseppe Gentile (25), di Fuscaldo

Michele Gentile (30) di Fuscaldo;

Davide Piemontese (30) di Fuscaldo,

Deborah Perrone (25) di Fuscaldo,

Daria Quirino (24) di Fuscaldo

Aldo Piemontese (40) di Fuscaldo,

Francesco Maggio (26) di Fuscaldo,

Fabrizio Occhiuzzi (28) di Fuscaldo,

Anna Maria Di Domenico (27) di Fuscaldo,

Renato Martino (35) di Fuscaldo,

Carletto Siciliano (28) di Fuscaldo,

Giovanni Minaco (48) di Paola,

Omar Vegliante (35) di Paola,

Gino Sangineto (47) di Paola,

Rossella Portogallo (32) di Paola,

Mario Severono (48) di Paola,

Antonio Fabrizio Russo (29) di Paola,

Qamil Koci (30) di Paola,

Giovanni Zaccaro (27) di Paola,

Francesco Martello (26) di Paola,

Albert Koci (32) di Paola,

Mohamed El Mahyr (28) di Gizzeria.

Pubblicato in Paola
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